Nea Polis

VOTE OR NOT VOTE, THAT IS THE QUESTION…

…parafrasando il celebre monologo dell’Amleto shakespeariano. E la question per non pochi si pone come “para-esistenziale”, riaccesa a ogni scadenza elettorale – e così alle elezioni amministrative e per il parlamento Ue, l’8-9 giugno 2024, in Italia. Il pro-voto nell’opposizione critica: “votare è un esercizio democratico”, “diritto e dovere”, “attesta maturità politica, se no sempre ‘loro’ decidono”, “astenersi è una sciocchezza” – et similia. Il no-voto nell’opposizione critica: “non votare è ‘no’ alle elezioni-farsa”, “tutte, e di più per l’ininfluente parlamento Ue”,“non mandiamo ‘gente’ alla mangiatoia”, “delegittimiamo la ‘politica’ ufficiale”, “votare è una sciocchezza” – et similia. È una spaccatura, permeata di evocazioni, convinzioni, attitudini da una parte e dall’altra della vexata quaestio. Trattiamone un po’, riguardo a coloro che votano o no in qualche modo più consapevole – per ora non si dice granché a chi vota per cordate di interessi, o per abitudine, o per il “meno peggio”, oppure a chi non vota per apatia e supina accettazione, con “tanto non ci si può far nulla”.

In generale, da dire e ribadire: nel “sistema” dato, abbiamo da un lato la “democrazia” posta e imposta come «elettiva», e assunta come tale; dall’altro, il rifiuto di questa “democrazia”, recepita come truffaldina. Ebbene, che queste elezioni nel/del “sistema” siano “LA Democrazia” è una mistificazione: se il démos (i tantissimi) acconsente alla decisionalità degli oligói (i pochi), si attua il principio oligarchico (potere dei pochi). Tanto più che le “cariche” degli oligói si incentrano su un mónos (una persona, leader, “capo”, detentore della decisionalità primaria, o di un partito, o della Repubblica, del Governo, della Regione, del Comune, etc.), per cui, insieme, si porta avanti il principio monocratico. E che questa sia “LA Democrazia” lo si dimostrerebbe semplicemente…affermandolo – donde: il parlamento, o il governo, o il presidente, etc., “democraticamente eletti”, dizioni abusate, che svuotano di sostanza il termine stesso. No, la democrazia è il potere del popolo, per il popolo, esercitato dal popolo – che decide direttamente (su i “nodi” centrali e fondamentali) e che usa, sí, delegati ed “esperti” (per specifici ruoli e funzioni, gestioni e operazioni), ma li può revocare e sostituire in ogni momento. Di fronte alla democrazia, quando non c’è rifiuto e chiusura, la risposta “benevola” è che…“non si può”. Ma lo si sostiene, sempre…affermandolo – mentre sarebbe del tutto possibile, tanto più con le moderne modalità di comunicazione immediata.

L’attuale, detta «democrazia delegata», è il sistema «elettivo-rappresentativo» del liberalismo. In estrema sintesi: il liberalismo della tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario – dell’altro a fondamento, la forza organizzata, non si dice) e delle libertà del cittadino (persona, proprietà e suo uso, opinione, diritto elettivo, etc.), che è però il cittadino astratto. Non i cittadini concreti, posti in rapporti economici, sociali, politici, culturali, ben assestati e operativi, di dominio e subalternità (minoranza di classi, ceti, strati, dominanti; maggioranza di classi, ceti, strati dominati). È la forma più adatta al modo di produzione dell’economia politica (= capitalismo, che, «in senso proprio», ha solo un paio di secoli), e, mentre assicura, nel contempo, la priorità dell’economico (-capitalistico, con il suo procedere a concentrazione e centralizzazione) nel primato del politico (-statuale, nel suo levarsi come apparati e decisioni sopra la società), accoglie un’interna dinamica di concessioni-assorbimento rispetto ai subalterni. Infatti, nel tempo storico e con ampie lotte, la «rappresentanza», prima dei soli «abbienti», si è estesa alla popolazione (e da solo maschile a quella femminile) e i diritti si sono estesi a diritti sociali. Questa forma, più di aperte dittature (efficaci per contenuti periodi), si è estesa e si estende dovunque, in maggiori o minori modalità (e infatti la si denomina «liberalizzazione»): è la forma del Capitale della crescita e della crescita dello Stato.

Tale dispiegamento, attuato nell’ultimo quarantennio come liberalismo economico scatenato (detto «neoliberismo») e sostenuto dalla statualità, ha condotto ai nostri giorni: una concentrazione di capitale finanziario immensa, globalizzata e nel contempo compenetrata con i centri statuali imperiali, e permeante le statualità subalterne: è quella che si può definire anglosfera davosiana (oligarchie finanziarie globaliste, che si ritrovano a Davos, quelle di WEF, NWO, «Agenda 30» + Usa con annessa UK + Stati satelliti di Nato-Ue + Stati connessi/subalterni altrove). E, di fronte al “nodo” insolubile della sua condizione critica permanente, ossia la sovraccumulazione finanziaria globale di Capitale, unita alla messa in discussione del dominio imperiale – da parte di paesi che non intendono accettarlo, in primo luogo la Russia, e anche la Cina, e l’Iran, con seguito che si sta espandendo nel mondo –, il liberalismo, che ammantava tutto l’“insieme”, è venuto mostrando il suo vero volto, facendo evaporare garanzie e diritti, e paludamenti “democratici”, diretto all’imposizione dei piani dell’anglosfera, che vanno dalla coazione per il controllo e comando globale (onde evitare il redde rationem della sovraccumulazione e sostenere il dominio imperiale in disgregazione), alla distruzione socio-economica dei paesi di base, con in primo luogo la “cannibalizzazione” dei paesi satelliti (quelli dell’Europa occidentale), e alla guerra guerreggiata (dall’Ucraina mandata al massacro al Vicino Oriente, al più lontano Oriente, e altrove). Certo, la messa in discussione in primo luogo da parte della Russia – ma anche dagli altri indicati – sta facendo fallire il piano dell’anglosfera davosiana come disegno globale. Ma, d’altro canto, ciò comporta un suo maggiore e protervo “affondare le unghie” laddove può imperare o puntare a farlo…

Specie negli ultimi quattro anni (ma non solo…), in Italia è ben esperito che cosa tutto questo ha comportato, con tanto di «democrazia delegata» del sistema «elettivo-rappresentativo» liberale: lo sbocco della Repubblica, pur già subordinata (paese sconfitto nella II° Guerra mondiale), in un regime-strumento-“altrui” (dell’anglosfera davosiana) – con uso di “pezzi” costituzionali alla bisogna, con loro deformazione costante, con loro messa “in non cale” quando occorre, e i conseguenti tradimenti di ogni proclamata promessa e premessa da parte delle congreghe politiche avvicendate nella conduzione (spesso solo formale) del regime stesso, con diatribe (residuali ma insistite, e propagandate) non sulla sostanza dei diktat “altrui”, ma su faccende secondarie, o sfumature, o balle, volte al consenso per decidere chi sia a fare il servo-gestore, abbindolando “la gente” spoliticizzata e condizionata dai media (e “persa” nell’alienazione digitale, e con la scuola distrutta).

È in questo “scenario” – sotto un cielo di piombo, che si fa nero sotto la minaccia di “funghi” atomici – che si tiene la prossima tornata elettorale: “organi” locali del regime e parlamento della “gabbia”-Ue, fatta su matrice-Nato. Si può dire: “si inciderebbe arrivando a una massa critica tale da vincere le elezioni…” (“vincere”: peso consistente di consensi). Si può parimenti dire: “si inciderebbe arrivando a una massa critica di astensione tale da delegittimare…” (“delegittimare”: peso schiacciante di non-voto). Non si esce dalla question. Anche perché – previsione (attendendo smentite…) – non vi sarà affatto né la tale massa critica di consensi, né la tale massa critica di non-voto.

Il problema – per un’opposizione teoricamente e politicamente critica dello «stato di cose presente» – sta nel livello di visione (analisi) complessiva, quindi nel progetto, dunque nella strategia con tattica conseguente, che si ha e si porta avanti. E, se si condividono le linee generali sommariamente esposte – che portano necessariamente a pensare al “superamento”, “oltrepassamento”, di tale «stato di cose» –, la partecipazione o meno alla prossima tornata elettorale può essere soltanto considerata come questione tattica, non strategica.

Al contrario, adesso, si può ben constatare come la presentazione di liste elettorali sia assunta – se in modo cosciente o meno, è qui secondario – da ambedue le parti (e pro-voto e no-voto) come strategia: “facciamo ‘loro” vedere che ci siamo” o “delegittimiamoli non votando!”. E non si andrà da molte parti. Perché? Perché intendere e dare a intendere di avviare “un cambiamento” con la presenza (peraltro eventuale…) di eletti nelle assemblee elettive locali e/o nel parlamento Ue, oppure intendere e dare a intendere che il “mutamento delle sorti” sarà avviato dall’astensione che si tramuterà di per sé in attività “sovversiva”, rimanda – a un secolo di distanza – a certi eco della diatriba su quanto allora i critici chiamavano «cretinismo parlamentare».

Allora, venendo alla prossima scadenza? In effetti, e a maggior ragione adesso che il “sistema” del liberalismo ha mostrato la sua essenza, e tanto più in Italia, dove si è sub un regime-strumento-“altrui”, il “nodo” sta nella promozione e costruzione sociale di un “altro” e “oltre” – che può essere solo l’organizzazione “dal basso”, diretta, democratica (come democrazia reale, non quella distorta e mistificata del liberalismo), dove si incominci ad aggregare quel «blocco sociale» che già esiste, ma non ne è ancora cosciente, e dove si affermi la sovranità del démos (non quella del regime, né delle congreghe partititico-politiche e degli apparati, né tantomeno quella dei diktat “altrui”).

Quest’opera è stata condotta, e ancora prima pensata? Domanda retorica: no. Se fosse stato fatto, o comunque almeno avviato, avrebbe potuto avere un senso inviare dei delegati elettivi, purché dipendenti da tali organizzazioni: da intendere come auto-organizzazioni. Intendiamoci: non si nega l’azione e la valenza di coloro più “formati” e decisi in, e per, promuovere tali organizzazioni – e in parte, pur non ancora cosciente della prospettiva necessaria, queste già esistono nella “galassia” di formazioni esistenti (gruppi, gruppetti, associazioni…) –, tuttavia, costoro vanno visti e collocati come funzioni delle organizzazioni sociali stesse. Ma non sono ciò le “entità” del vecchio, desueto, inefficace, “discorso”: “venite con noi”, “iscrivetevi al partito” (partitino o magari aggregazione o gruppo che fa come se lo fosse, ma non si dichiara), “decidiamo le iniziative”, etc., e…“votateci” (se si presentano liste elettorali) o “non votate” (se si propaganda l’astensione): questo significa solo continuare la via seguita finora, il cui fallimento non assunto fa venire in mente quel detto di Einstein: “se si seguono sempre gli stessi procedimenti e ci si aspettano risultati diversi, siamo nella follia” – o nella stupidità, o peggio…

Dunque, nelle prossime elezioni comunali e Ue? A Firenze si è tentato di piantare un piccolissimo “seme” del processo indicato – non si sa se attecchirà, germoglierà e crescerà, o se il terreno è ancora troppo arido, non recettivo: è da esperire (ma comunque da non abbandonare) –, per cui ha un qualche senso la partecipazione alle elezioni comunali locali (e ciò forse anche altrove: è da vedere), con la consapevolezza, però, che anche quello locale è solo un “organo locale” del regime italico e che l’opera da condurre è la promozione e costruzione della base sociale di opposizione.

Per quanto riguarda il parlamento Ue, inutile ripetere che è una derisione degli stessi parlamenti liberali, conta meno che niente, decide tutto la Commissione Ue non eletta, e in base ai diktat dell’anglosfera davosiana. Ed è inutile dire qualcosa delle congreghe politiche “ufficiali” di “destra” e “sinistra”, nonché dei loro “cespugli” minori, con Renzi, Calenda, Bonino, e così via – ma anche di Conte-5S, la cui demagogia, però, incanta i dimentichi (o chi magari si crede un astuto tattico) di quanto hanno fatto, non solo come 5S traditori di…tutto, ma anche come assunzione della truffa pandemica, con le “zone”, con Speranza, etc., per non dire dell’ulteriore strozzatura della stessa «rappresentanza» e dell’assenso, a suo tempo, all’invio di armi all’Ucraina.

E le altre liste? C’è da dire qualcosa su Cateno De Luca? – con cui si presentano anche la Cunial e Amodeo. Chi vuol dire qualcosa, lo faccia: qui, francamente anche su ambedue costoro solo no comment. E sulla lista di Santoro? Si sa chi è… Diciamo soltanto che dispiace per la Fiammetta, moglie di Giulietto Chiesa, e per Lilin, che si sono fatti attrarre. Ed eccoci a «Democrazia sovrana e popolare»: a parte la denominazione pleonastica – la democrazia se non è «sovrana» non può esistere, e se non è «popolare» come può esserlo? (O si allude, sottesamente, al fatto che si riconosce come “altra democrazia” anche quella «elettivo-rappresentativa» del liberalismo?) –, sono stati cercati accordi elettorali con chiunque, compreso Cateno De Luca, e con Bandecchi, e con Alemanno, e, pur avendo dato voce al “no Nato no Ue”, è stata condotta una propaganda ambigua (a partire dalla question della truffa pandemica) e i due “capintesta”, ponendosi come “capi” in tutte le circoscrizioni, hanno solo mostrato di voler andare in tutti i modi al parlamento Ue, mentre l’unica costruzione sociale (di cui si è detto) è stata…“venite in Dsp”, ossia con Rizzo e/o Toscano.In queste condizioni, votare per il cosiddetto «meno peggio», o «contro qualcun altro», o “per dispetto”, alle elezioni Ue, significa solo accreditare il parlamento Ue, quindi l’Ue stessa (e le laute prebende di chi ci si piazza…), ed è ben condivisibile non votare – il che non significa né credere che i convinti al voto (specie al Centro Italia, soltanto in cui Dsp è riuscita a presentarsi) siano “gente perduta”, né che la “gente del non-voto” (prevedibile di consistente entità) si tramuti in attivazione auto-organizzativa: l’opera da condurre è ancora ampia e profonda, e sul piano nazionale.

Firenze, 27 maggio 2024

MM

[PS. Da precisare: quelle qui espresse sono analisi e posizioni personali, che sono rivolte all’Ass. cult. Nea Polis, ma non necessariamente la esprimono, e sono rivolte agli altri che le leggeranno: impegnano chi la ha stese, e coinvolgono chi le voglia condividere.]

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