Nea Polis

Minibot: «i nodi vengono al pettine».

Una Commissione Ue uscente, che tuttavia annuncia una futura «procedura d’infrazione» contro l’Italia, non dovrebbe essere davvero la classica «ultima goccia che fa traboccare il vaso»? Ciò che andava/va/andrà (andrebbe) giustamente fatto è: a) denunciare i «trattati»-Ue (è solo l’organo della reazione che ha inflitto gravi danni a nostro paese e sua popolazione, a profitto di grande capitale, oligarchie connesse e loro seguiti diretti); b) statalizzare Bankitalia, congelare il debito statale in sua mano e ampliarne l’acquisto futuro in Btp, muovendo cosí anche la Cassa depositi e prestiti; c) allocare prima la spesa statale in deficit (necessaria) in interni Bot e Cct, aut similia (i Btp solo l’eventuale copertura residua), perché si ha un risparmio che la copre ampiamente, mentre i versamenti d’interessi restano nell’economia nazionale; d) mettere sotto controllo l’interno sistema bancario, finanziario, creditizio, dunque il movimento dei capitali; e) emettere la nostra moneta e manovrare su sua quantità e valutazione (nei rapporti con l’estero); f) sviluppare produzione e circolazione interne, con ampio piano di investimenti nei comparti strategici (dalla ricerca e sua applicazione, all’agro-alimentare) e di sostegno alla domanda (potenziando le misure striminzite fin qui varate, dal «reddito» alle pensioni); g) puntare ad accordi bilaterali per un export controllato (rompendo anche la chiusura “filo-atlantica” verso la Russia); h) aprire rapporti con i paesi mediterranei, Grecia in primis, per accordi di tipo confederale (la Confederazione lascia complete autonomie: non è un’Unione).

Sono certo che questa è linea giusta. Che grava per la sua assenza. Ma mi rendo conto che il governo «giallo-verde» non è atto a muoversi cosí. E vi pesa come una montagna di granito l’asserzione “stiamo nell’Ue/euro/Nato” del «contratto» fra M5S e Lega (con tanto di ulteriore mediazione con il capofila del pro-Ue/euro/Nato nella presidenza della Repubblica). I risultati si sono già visti, dal fittizio (solo mediatico) ringalluzzirsi della reazione (Pd e sindacati “ufficiali”, ma anche banda-FI) alla punizione del M5S da parte del suo elettorato. Ma, in fondo e infine, «i nodi vengono al pettine». Ed è successo con l’inopinata mozione (dell’opposizione, che l’ha presentata e votata, per poi risibilmente dissociarsi) che impegna il governo a saldare i debiti della P. A. Però i fondi, dati i capestri-Ue, che vuole rinnovata austerity, non ci sono.

Allora emergono … i minibot (idea già di Borghi, sostenuta da Bagnai). Su questo solo impegno (niente è stato fatto) si è scatenata la reazione: dalle «agenzie di rating» a Draghi per la Bce, dai figuri dell’Ue ai media esteri e interni, con pappagalli parlanti sentenzianti e, va da sé, Pd, FI, sindacati “ufficiali”, FI. Di piú: mentre Mattarella resta in silenzio (ostile), per il Mef Tria ha scandito il niet e il presidente Conte ha sottolineato le «criticità» (è contrario). Dunque, la reazione è attiva dentro lo stesso governo «giallo-verde». Con menzogne da reazionari: è falso dire che «i minibot aumentano il debito», perché “cartolarizzano”, usano come mezzo di pagamento, in modo fattivo invece di lasciare in mero passivo, parte del debito già esistente; perciò come lo accrescono? È falso dire «minibot illegali», perché non c’è niente nei «trattati»-Ue che vieti a uno Stato i mezzi di pagamento interni piú opportuni (ai tempi del boomeconomico svolsero tale funzione le «cambiali»). Tralascio la messe di altre scemenze di pennivendoli e televendoli, “esperti” (di niente), mistificatori di professione, cialtroni vari (come il protervo Pasquino che sparla di “minibot ridicoli”). Sia Di Maio che Salvini hanno risposto per le rime: “se i minibot non vanno bene si trovi un mezzo adeguato di pagamento”.

Però i «nodi» si pongono, perché varando i minibot (a cui possono seguire misure piú ampie) si comincia a mettere il nostro popolo al riparo dei vincoli soffocanti di Ue/euro e a poter perseguire politiche socio-economiche autonome. Ma, per esempio, il 5S Cabras, parlando di minibot come “salvaguardia dell’euro”, non coglie la questione, attesta la confusione fra i 5S e le posizioni ambigue nel loro gruppo di eletti e dirigenti. E i «nodi» si pongono dentro il governo: i minibot sono nel «contratto», quindi né Tria, né Conte, vi si attengono. Parlano di “trattare e trattare” con l’Ue: con quali esiti, dato ciò che sono l’Ue e i suoi diktat? E Conte afferma “le regole Ue vanno cambiate, ma finché vi sono vanno rispettate”: perché? Sono state sottoscritte da una suite di precedenti governi e individui che hanno rovinato l’Italia; rispettarle significa assentire ai misfatti e negare il «governo del cambiamento».

Non è chiaro come si procederà. La previsione possibile è che, continuando cosí, si “strizzerà” ancora piú la “coperta”, con misure inefficaci (e magari rialzando la tassazione indiretta?), ossequendo alla reazione Ue e interna, e colpendo ulteriormente il consenso popolare al governo. Ritengo che a Tria vada posto il secco ultimatum: o si adegua, o va dimissionato. E cosí a Conte: o si adegua (dopo qualche “consultazione spirituale” in quel di Pio da Petralcina?), o si accetta di rischiare la crisi di governo, per ricostituirlo subito (Mattarella non vuole nuove elezioni, perché preme la finanziaria di autunno, né si fanno elezioni agostane), data la solida maggioranza in Parlamento. Tuttavia, dubito francamente di una tale determinazione in 5S e Lega, data la debolezza dimostrata su … tutto. E temo proprio che la combinazione di maggioranza pro-Ue/euro nella Lega e di simili posizioni in eletti e dirigenti dei 5S, spinga su un binario di … “scarse prospettive”. Da cui occorrerà partire per “rimediare”, da intendere come oltrepassamento.

MM

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