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«DEMOCRAZIA ISRAELIANA» – E COMPLICI «DEMOCRAZIE OCCIDENTALI»

Tanti da Gaza, ora ammasso di macerie, cercano una parvenza di esistenza lasciando il paese, cercando in Egitto o in Libia un porto sul Mediterraneo donde partire per l’Europa sui barconi degli scafisti di turno; versano fino a 4000 dollari, di cui 500 per oliare la sicurezza egiziana e arrivare indenni alla partenza. Cosí «il manifesto» (18.09.2014), secondo cui l’Anp di Abu Mazen, Israele e l’Onu si sarebbero accordati «per la ricostruzione» di Gaza. Hamas è fuori, pena l’interruzione del «flusso di aiuti», benché «il movimento islamico era e resti il governo di fatto nella Striscia». All’Onu il compito «di monitorare l’ingresso dei materiali da costruzione, in modo che non siano usati per “fini militari”». Però gli aiuti non garantiranno in tempi rapidi una casa a circa 100.000 palestinesi. E la mancanza di notizie di chi è partito angoscia i parenti rimasti, anche per le notizie di naufragi talora agevolati dagli stessi scafisti e/o di speronamenti delle imbarcazioni di fortuna.

Non tutti i palestinesi vogliono lasciare il paese: cosí si fa il gioco di Israele. Ma la realtà è terribile: morti, feriti, distruzione, solitudine, mancanza di lavoro – e nell’oblio internazionale. E Israele ha un altro sistema da parte di per “schiavizzare” (termine appropriato) la popolazione della Striscia, non meno devastante e crudele delle armi, ma piú subdolo, e turpe. Lo illustrano 43 spie israeliane, che denunciano le attività volte alla «persecuzione politica e personale» («il manifesto», 18.09.2014): ufficiali del servizio segreto israeliano con perfetta conoscenza della lingua araba intratterrebbero civili palestinesi, anche giovanissimi, prima amabilmente poi con toni meno rassicuranti, fino alle minacce. Sanno tutto della vita dei malcapitati, esibiscono le foto satellitari. Un padre cardiopatico si reca, di quando in quando, in Giordania per cure mediche? Se la persona non collabora, quel padre verrà fermato al confine. Un fratello ha il permesso di lavoro in Israele? Senza collaborazione il permesso verrà revocato. Nei territori è normalità. È stato dichiarato al «manifesto»:

lo fanno con tanti, continuamente. […] Possono fermarti ovunque, in qualsiasi momento possono bloccarti al confine di ritorno dalla Giordania, per strada durante un controllo. […] Lo fanno soprattutto con i ragazzini, i piú deboli. Ti promettono denaro e aiuto per entrare in Israele. Oppure ti minacciano: di te sanno tutto e usano queste informazioni per costringerti a collaborare. Se ci cadi è un tunnel senza via d’uscita. […] Il controllo è pressoché totale.  Israele sa tutto – o quasi – di tutti. Ascolta le telefonate, legge la corrispondenza, sa se un marito tradisce la moglie o se un ragazzo è omosessuale. Lo sa perché spia. Per farlo le autorità israeliane hanno creato una specifica autorità militare, l’unità 8200. Una delle piú segrete, ma oggi portata ai disonori delle cronache da 43 ufficiali, ex istruttori e soldati che dopo aver servito nella 8200 hanno deciso di uscirne. Con una lettera indirizzata al premier Netanyahu, i 43 si sono tirati fuori da un sistema che definiscono «persecuzione politica e personale».

 I firmatari sostengono che le informazioni su eventuali attentatori alla sicurezza di Israele è solo la minima parte del loro lavoro; il loro compito sarebbe quello di indagare sulla quotidianità dei cittadini, spiata in ogni risvolto. Uno scenario da Orwell, vedi ampi stralci della loro lettera:

noi, veterani dell’unità 8200, riservisti del passato e del presente, dichiariamo di rifiutare di prendere parte in azioni contro i palestinesi. […] La popolazione palestinese sotto legge militare è […] esposta allo spionaggio e alla sorveglianza dell’intelligence israeliana [… usati] a fini di persecuzione politica e di divisione interna della società, attraverso il reclutamento di collaboratori.

 I vertici israeliani hanno reagito al tentativo «folle e offensivo», l’esercito ha assicurato un’azione disciplinare «chiara», i commilitoni nell’unità 8200 hanno contro-dichiarato: «il rifiuto politico non ha spazio nella 8200». Ma ha detto al «Guardian» uno dei 43 firmatari:

 il mio lavoro era [… di] oppressore. Tutti i palestinesi sono sottoposti a un monitoraggio no-stop senza protezione legale. Non ci sono procedure […] né modi per determinare violazioni dei diritti. Non esiste il concetto di diritto […]. Ogni palestinese è un obiettivo e può subire sanzioni come il rifiuto di un permesso in Israele, abusi fisici, estorsioni.

 E i 43 avrebbero allegato testimonianze. E pare che dall’unità 8200 sia partito il “virus” che attaccò il programma nucleare iraniano:

 [questo] Grande Fratello supertecnologico […] immagazzina ogni informazione sensibile – dai problemi finanziari alla salute, dalle preferenze sessuali ai tradimenti – e la usa per estorcere collaborazione, per spezzare le normali relazioni interne alla società palestinese. Perché alla fine è questo il risultato: una società minata dalle politiche divisorie messe in piedi dall’occupante, nella quale alla fine potresti non fidarti piú di nessuno.

 Ecco la «democrazia israeliana», «unica» del Vicino Oriente, come sostengono le «democrazie occidentali!». Che – complici – girano il capo dall’altra parte.

CB

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