Nea Polis

GRECIA, RENZI, VAROUFAKIS

varoufakis

Nell’ultimo numero della rivista tedesca «Hellas» di Wolf, lo stesso Wolf non si occupa di «Syriza», ma dei problemi dell’immigrazione in Grecia e delle responsabilità recenti e meno recenti che l’hanno provocata. Di «Syriza» si occupa Nicos Chilos, corrispondente dall’estero, che vive tra Berlino e Atene, del giornale greco «To Vima». Il testo è stato scritto prima delle elezioni greche e, in estrema sintesi, dice che, mentre Tsipras affermerebbe che la sconfitta non è definitiva, ribadendo volontà e speranza di risollevarsi – condivisa anche da altri parlamentari -, il suo partito perde pezzi consistenti. Un secondo articolo illustra le tre posizioni di «Syriza»: 1) La sinistra non si arrende (un rappresentante di «Syriza»), 2) Abbiamo vinto la paura («Unità popolare», alleata con Syriza nelle precedenti elezioni, formazione di cui fa parte Lafazanis, ex ministro dell’energia nel precedente governo, che si propone la fuoruscita dall’euro); 3) Posizione dei 53+, con un estratto della dichiarazione del «Gruppo 53+» (che ha obiettivi affini a quelli di «Unità popolare», anche se non parla di uscita dall’euro ma di impegnarsi nell’opposizione alle condizioni dell’Ue, senza dar vita a una guerra fratricida all’interno e in Syriza, e della sinistra, di cui si auspica un impegno comune).
Il testo di Chilos citato si intitola La sinistra sulle sabbie mobili, ed evidenzia come questa sinistra non sia mai stata cosí divisa come ora. Un trafiletto riporta un’affermazione di Stefan Cornelius su «Sueddeutsche Zeitung» per cui Tsipras sarebbe il braccio sinistro di Schaeuble e della Merkel. L’articolo di Chilos fa vedere che la sinistra greca, ora cristallizzata in 4 gruppi, suscettibili di ulteriori divisioni, sarebbe sulle «sabbie mobili», dove è facile inabissarsi. Le elezioni greche (successive all’articolo) avrebbero dovuto servire, secondo voci ottimistiche, forse veritiere (citate su «Hellas»), a ricompattare la sinistra. Se questo era lo scopo, guardando oltre la maggioranza dei consensi a Tsipras e alla quasi metà dei cittadini astenutisi, c’è da dubitarne – tenuto anche conto della riproposizione dell’alleanza di Syriza con Anel (e che altro Tsipras avrebbe potuto fare?), è undéjà vu.
 
«Anche ’sto Varoufakis se lo semo tolti di mezzo»: cosí Renzi, con la sua connaturata eleganza, per cui adotta il romanesco, ha commentato l’esito delle elezioni greche. Ecco la risposta di Varoufakis:


con estrema durezza da parte dei leader europei, compreso Matteo Renzi (che si è rifiutato di discutere in maniera ragionevole le proposte della Grecia) il mio primo ministro, Alexis Tsipras, il 12 e il 13 luglio, ha dovuto subire un insopportabile bullismo, autentici ricatti e pressioni inumane. Matteo Renzi ha svolto un ruolo centrale nel contribuire a piegare Tsipras con la tattica del poliziotto buono che ti si avvicina e ti dice “se non cedi ti distruggono, ti prego accetta le loro proposte”. Alexis e io ci siamo divisi sull’ipotesi che si potesse trattare o meno di un bluff e, in ogni caso, sul nostro diritto morale e politico di firmare l’ennesimo accordo non percorribile consegnando le chiavi di ciò che resta dello Stato greco a un Troika spietata.Questa è stata ed è tuttora la differenza tra Alexis e me. A seguito della divergenza, Alexis ha imposto una conversione “a U” della politica di Syriza [...] e, di conseguenza, molti esponenti del partito hanno deciso che non potevano seguirlo su questa strada. Sono state anche persone come Tasos Koronakis, segretario del partito, io e molti altri che non hanno mai condiviso il programma politico di Unità popolare.[...]. Ho un messaggio per il premier italiano: può rallegrarsi quanto vuole del fatto che non sono piú ministro delle Finanze e che non faccio parte del parlamento. Ma lei non si è liberato di me. Sotto il profilo politico sono vivo e vegeto [...] Partecipando lo scorso luglio all’ignobile golpe contro Alexis Tsipras e la democrazia greca, si è liberato della sua integrità di democratico europeo [ammesso che mai ne avesse avuta una, n.d.r.]. Il problema delle richieste della cancelliera Merkel è che non sono implementabili. Questo è un paradosso che, di nuovo, Matteo Renzi conosce molto bene: i governi di Italia, Francia, Grecia non solo sono forzati a scontrarsi o contro le “volontà” stabilite o con ... la realtà. E da quando la realtà è spietata, il risultato è una crisi irrisolvibile. Temo che il nuovo governo greco non possa che continuare con l’auto-alimentata crisi del debito. E questo non perché Tsipras lo voglia, ma perché quando sei obbligato a seguire le stesse ricette finirai con gli stessi risultati, indipendentemente dai tuoi desideri. [...] Abbiamo bisogno di un movimento paneuropeo per democratizzare l’eurozona. I nostri partiti nazionali non possono farlo né attraverso la politica nazionale, né con deboli alleanze al livello del parlamento europeo [...;] una rete paneuropea con un obiettivo semplice: democratizzare l’euro (da «il Fatto Quotidiano», 23.09.2015).

E nella conclusione «casca l’asino»: che vuol dire «democratizzare l’euro»? Non si hanno presenti gli assi portanti sui quali si regge? Dato che il Nostro afferma che si impegnerà per questo obiettivo sarebbe bene che chiarisse il suo pensiero: la costruzione di una «rete paneuropea» può essere auspicabile, purché se ne dichiarino obiettivi e finalità: se no potrebbe risultare un’ennesima stampella dell’establishment. E si dovrebbe parlar chiaro alla gente e spiegare perché è, invece, auspicabile una fuoruscita dall’euro: a cominciare dal popolo greco, insofferente dello strozzinaggio cui è sottoposto, ma intenzionato – in una buona parte – a restare nell’euro, per cui ha appoggiato il referendum di luglio, ma ha anche ridato fiducia a Tsipras che quel referendum ha tradito. Con chi si dovrebbe costruire una rete paneuropea per «democratizzare l’euro» (qualunque cosa ciò significhi), se i cittadini europei – in maggioranza – non hanno la piú pallida idea di quel che voglia dire e neppure – per disinformazione – la minima intenzione di abbandonarlo, a cominciare da coloro che ne sono i piú vessati?
Questo per completezza di informazione sulle esternazioni di Varoufakis, che sono  discutibili ma non cosí rozze come alcuni media le presentano. E poi, di fronte a Renzi non sfigura nessuno.
La bordata contro Varoufakis – da bullo di periferia qual è – Renzi l’ha lanciata per mandare un monito agli oppositori interni («gufi», etc.), è stato detto, con qualche ragione. Ma Renzi ha attaccato anche Corbyn, la cui affermazione rischiava di far velo al blairismo di cui si pregia e ammanta, e di far apparire possibile un’alternativa a lui stesso (a prescindere se Corbyn costituisca o meno tale possibilità: meglio non rischiare): «Il Labour party inglese è rimasto l’unico luogo che gode nel perdere dopo il ritiro della squadra di basket dei Washinghton Generals, che si sono ritirati dopo 63 anni di sconfitte», ha affermato il nostro ineffabile presidente del Consiglio, la cui esternazione ha sorpreso organi di stampa britannici (perfino il «Financial Times», non certo affine al Labour), e si è avuta la piccata risposta: «il blairismo. come lo intendiamo in Italia, qui in Gran Bretagna è già morto da dieci anni».

CB

1 Commento

  1. mario

    la generale confusione teorica, quindi politica, dunque mediatica, perciò ufficiale e statuita, complessiva e capillare – confusione non incidentale, né casuale – su che cosa sia la democrazia si coniuga perfettamente con quella su che cosa sia – storicamente e funzionalmente – la sinistra. Di conseguenza, senza aprire e condurre una vera e propria campagna di chiarificazione – come si può e indipendentemente dai primi e anche secondi esiti, ma campagna costante e continuativa – si continuerà a … -pestar l’acqua nel mortaio»,

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