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CHE SUCCEDERA’ IN GRECIA?

La riunione dell’Eurogruppo di lunedí (16.02.2015) sembra aver annunciato la rottura delle trattative con la Grecia. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha definito «irresponsabile» l’esecutivo greco in quanto, come si precisa «sono necessarie intese con i partner europei e internazionali per assumere iniziative in particolare sul tema della politica fiscale, delle privatizzazioni, del mercato del lavoro, del settore finanziario, delle pensioni». La Troika, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. «L’analogia con i temi citati dalla famigerata lettera della Bce al governo Berlusconi dei primi di agosto del 2011 è molto forte, a dimostrazione persino della scarsa fantasia della burocrazia di Bruxelles […;] ogni agevolazione finanziaria […] avverrà solo a fronte dell’estensione di sei mesi del programma della Troika, […] usati per la ricapitalizzazione delle banche e […] concesse sulla base delle istituzioni europee e dello stesso Eurogruppo»(«il manifesto», 17.02.2015). Proposta «assurda e inaccettabile» per Atene. Seguiranno altre riunioni dalle quali dovrà emergere se l’intransigenza tedesca sia una mossa tattica, o si tratti di posizioni irremovibili, anche alla luce della recente sconfitta elettorale della Merkel ad Amburgo.

Qualche giorno fa il ministro degli esteri greco si è recato a Mosca, dove ha incontrato il suo omologo russo: la Russia ha annunciato aiuti alla Grecia, se richiesti; analoga offerta è arrivata dalla Cina, che ha invitato Tsipras in visita a Pechino.

Benché messa un po’ in ombra dal profluvio di esternazioni e sproloqui sull’Is (com’è ora definito l’Isis) dei politici nostrani, ospitate ad abundantiam da tv e stampa, la questione greca non è scomparsa dagli onori della cronaca – né scarseggiano ipotesi, scenari, suggerimenti, scongiuri e quant’altro in un ventaglio variegato in cui ci si esercita con dovizia di argomenti e di sofismi. Tra tanto spreco di parole e inchiostro merita soffermarsi su quanto scrive il «Foglio»(17.02.2015): Un’altra speculazione è possibile. Cosí infatti avrebbe scritto su «Mediapart» il filosofo francese Michel Feher in elogio di Yannis Varoufakis. Elogio insolito – dice il giornale – «perché il ministro ellenico […] incarna finalmente il profilo di una gauche adeguata alle sfide del capitalismo finanziarizzato». La sinistra occidentale – riformista o radicale che sia – è rimasta a confrontarsi con il capitale sul piano del mercato del lavoro, nel frattempo però il capitale si è spostato sui mercati finanziari. Invece Varoufakis sarebbe adatto alla nuova sfida: «non negozia, specula». Cosí quando Varoufakis ostenta fiducia sulle trattative a Bruxelles – osserva Feher – «le borse rifiatano. Un’arma in piú per convincere le controparti. C’è tempo fino a venerdí […;] la disfida greca si configura […] come una sofisticata partita a scacchi interna al mondo capitalistico. Con attori interessati, per interposta Grecia, a fare pressione sull’Eurozona a trazione tedesca».

Seguono esempi: la City inglese. Wolfgang Munchau, editorialista del «Financial Times», invita Atene a non cedere a compromessi al ribasso; euroscettico anti-Merkel, userebbe il caso greco per porre il problema «dell’architettura zoppa dell’Eurozona. Perciò […] suggerisce l’introduzione di mezzi di pagamento paralleli all’euro per depotenziare la minaccia dei creditori […,] una sorta di “pagherò” legati al gettito fiscale futuro o una moneta elettronica […, concludendo]: meglio di un compromesso su politiche fallite c’è sempre l’uscita dall’euro, perfino in maniera disordinata». Roger Bootle, fondatore della società di analisti finanziari «Capital economics», sul «Telegraph» dice che «i ministri europei soffrono di un implicito conservativismo che arriva perfino a preservare situazioni di miseria. Visto il punto di partenza della Grecia, un po’ di instabilità sarebbe una buona cosa. Bootle, britannico, preferisce il Grexit alla Merkel». Certo, commenta, il suo paese è poco esposto finanziariamente e fiscalmente. Anche «il nobel Joseph Stiglitz , secondo cui sarebbe “immorale” il rifiuto di ristrutturare il debito greco e non l’inverso» pare della partita. «Entrambi [Bootle e Stiglitz] uniti dall’affiliazione con Inet, think tank [pensatoio, n.d.r.] voluto da George Soros, finanziere che sostiene la convenienza dell’uscita della Germania dalla moneta unica […]. Mentre Paul Krugman fornisce sul suo blog copertura accademica ad alcune tesi di Atene (un avanzo primario del 4% sarebbe depressivo per l’economia), il governo Tsipras ha scelto Matthieu Pigasse, della banca d’affari Lazard (radicata negli Stati uniti), per essere affiancato nelle trattative tecniche sul debito. Cosí Tsipras e Varoufakis – che hanno pure raccolto l’endorsement pesante dell’Amministrazione Obama, da anni critica delle austere scelte tedesche – siedono […] al tavolo delle trattative usando lessico e strumenti formalmente adeguati [… ai partner. Tra poco] si capirà se potrà essere un minimo vincente».

A parte l’importanza data alla dimensione finanziaria dei problemi, a scapito dell’economia reale, (non è stato di recente affermato, da fonti che godono di – immeritato – credito, che una ripresa, pur modesta, sarebbe in atto in Italia, ma che la disoccupazione rimarrebbe inalterata?), colpisce la tipologia eterogenea dei coristi impegnati a cantare la stessa canzone, ma tutti collegati da un “minimo comun denominatore”: quello affaristico della grande finanza anglo-americana. Di piú: esca la Grecia dall’euro, ma di un assist sino-russo neanche un cenno. Non è che ci sia un qualche sentore di solidarietà “pelosa”, per tirare acqua al proprio mulino? (come lo stesso «Foglio» pare adombrare.)

Sarà in grado, il governo greco, di sottrarsi al canto di tante sirene, resistendo nel contempo alle pressioni da parte della Ue &? Terrà presente il monito che viene dalle sue ascendenze antiche: timeo Danaos et dona ferentes («temo i Greci anche se portano doni»)? Il dono era il cavallo di Troia, che, introdotto nella città, ne causò la rovina.

CB

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