«L’Italicum giunge al voto finale […] con un carico accresciuto di macroscopiche violazioni della democrazia e del regolamento»: M. Villone («il manifesto», 28.01.2015) Nel «supercanguro» (la “ghigliottina” tagliatutto nel dibattito parlamentare) sono stati fagocitati migliaia di emendamenti. Magia? Macché! È bastato un emendamento-premessa (01.103, a firma Esposito) e il gioco è fatto! Il citato emendamento premette all’art. 1 dell’Italicum un art. 01, sintesi degli indirizzi generali della proposta, senza richiamare altri artt. o commi e toccare alcun contenuto normativo. «[Non] rispettava il principio della discussione e approvazione articolo per articolo, come è provato proprio dalla decadenza di emendamenti a molteplici articoli del disegno di legge» Nella “logica Esposito” una premessa detta emendamento, anteposta a qualunque disegno di legge, se approvata, toglie ogni emendamento. Villone definisce l’escamotage una ghigliottina ad libitum a disposizione del governo. Perché l’emendamento non è stato dichiarato inammissibile? Si poteva: privo di «reale portata modificativa» (art. 100.8 reg. sen.), può essere impugnato alla Corte costituzionale. E contrasta con «la conclamata inosservanza della sentenza della Consulta 1/2014 [… incardinata] sull’indiscutibile natura del voto libero e uguale come diritto fondamentale e inviolabile. Eventuali limiti devono essere necessari per il raggiungimento di fini costituzionalmente rilevanti, proporzionati a essi, e giustificati dall’assenza di prospettive meno lesive. Tali principi sono lesi dai capilista bloccati».
Nella recente bagarre, con i nostri parlamentari a darsele nottetempo di santa ragione, Renzi, piombato in aula alle 2 di notte – bello come il sole, titolava un quotidiano; con la bava alla bocca, precisava un altro -, minacciava elezioni anticipate se le proposte del Pd, le sue, non fossero passate. Che gli conferisce tanta sicumera? Mentre si avanzano dubbi e riserve (prudenti …) su fiducia e seguito di cui godrebbe tuttora Renzi, dice Cerasa sul «Foglio»: «l’assegnazione dei seggi funzionerà cosí: fatto 100 il numero di posti alla Camera, il primo arrivato [ne] avrà il 54% […]. Il secondo avrà invece una somma di seggi frutto di una sottrazione elementare: al rimanente 46% dei seggi (100 meno 54) vanno tolti i seggi assegnati ai partiti che hanno superato il 3%: tutto il resto va alla lista seconda arrivata. Il dettaglio importante è che la ripartizione dei seggi per i secondi prevede che i parlamentari che verranno eletti saranno solo i capilista, quasi nessuno con le preferenze. I calcoli, volendo, sono anche piú precisi, e li hanno commissionati ai tecnici di Palazzo Madama i senatori Pd Gotor e Fornaro […]. Primi arrivati al ballottaggio: 100 capilista bloccati piú 240 preferenze. Secondi arrivati: 97 parlamentari, tutti bloccati. Terzi: 70 parlamentari, tutti bloccati. Quarti: 60 parlamentari: tutti bloccati. Rapporto completo: 377 bloccati (61,1% degli eletti) e 240 (38,9%) eletti con preferenze. Al momento […] il 5 Stelle è ancora il secondo partito. La prospettiva della lista però incoraggerà i piccoli partiti […] a convergere in un nuovo contenitore».
Perciò va ridimensionato quanto avvenuto in parlamento. È vero che Boccia si chiama fuori e qualcuno incita Civati a “spaccare il Pd”: onere che, nella sua parabola ondivaga, piú che immane appare impensabile. Da contraltare il buon Bersani, preoccupato per la «ditta», come definisce il suo partito. Assicura che Boccia parla a titolo personale ed esorta tutti a rientrare in aula: non è forse un grande partito democratico, il Pd, sulle cui spalle gravano le sorti del paese?
Del resto, un’opposizione cosí raffazzonata che prospettive ha? A parte i fuochi d’artificio che sono fuochi fatui. Pare che le fratture interne al Pd siano destinate a ricomporsi in mugugni sotterranei, anche per mancanza di alternative, pena l’implosione del partito: mica si può essere masochisti fino all’autodistruzione – sempre per il bene del paese (oltre che delle proprie poltrone). E Berlusconi? Le cose sono interessanti per chi arriva secondo, dice Cerasa. È vero che ora Forza Italia è sfilacciata e disarticolata, ma questo scenario è destinato a rimanere tale? La situazione andrà seguita, non foss’altro per capirci qualcosa. Ma di fronte alla scadenza elettorale (i cui tempi sono di rilievo) i partiti minori sentiranno il richiamo, necessitato dall’Italicum, di un partito maggiore di riferimento, e quel partito sarà FI o comunque si dovesse chiamare. Berlusconi ha sette vite come i gatti, si è sostenuto. Cerasa conclude: «nei ragionamenti di Berlusconi ce n’è uno che suona cosí: quando sarà, al ballottaggio ci arriviamo noi, non la Lega [pur in forte incremento, n. d. r.], e quando saremo al ballottaggio, se la Lega non sarà nella nostra lista, [ce ne] prenderemo gratis i voti […;] chi pensa che Berlusconi abbia fatto chissà quale sacrificio ad appoggiare le modifiche all’Italicum o non conosce la legge o non conosce Berlusconi …».
CB