In questi giorni attonito stupore, tifo per questo o quello, scoramento di tanti, speranze “che non vada cosí” o che “vada cosí, dichiarazioni di esponenti politici, insieme ai commenti su ciò che hanno fatto e detto, e fanno e dicono, e loro “atteggiamenti”, nella kermesse dei media, si impastano in un polverone che va a formare una nebbia fitta. E sfugge, come sempre, la sostanza della situazione. Provo a riassumerla in iper-scheletrica, anche esagerata, sintesi, per contribuire al chiarimento. Dunque (al di là del polverone e “porto delle nebbie”), siamo di fronte a queste due direttrici:
1) “piú Europa”=piú Ue/euro, quindi «sí» al capitalismo globalizzato-globalizzante e ai suoi «organi», quale l’Ue e la sua moneta, «sí» al vantaggio dello Stato tedesco e di quello francese, «sí» alla loro egemonia, «sí» alla fase (del capitalismo detta) «globalizzazione», «sí» a contrastarne la crisi (in atto e in corso), «sí» alla piena subordinazione dell’Italia (e «no» al sovranismo, “portatore di guerra” e alle “sterili identità”), pur restando nella Nato e nella “sfera” Usa. L’apertura al flusso migratorio ne viene di conseguenza.
Insomma: + Ue e un po’ – Usa. E questa è la direttrice del governo Pd-M5S (preparata da una lunga suite di voltafaccia e prese di posizione 5S, fino al voto per la Von der Leyen).
2) “Meno Europa”=meno Ue/euro, quindi «sí» alle tendenze in atto e in corso volte a un assetto altro al capitalismo globalizzato-globalizzante, quindi «sí» alla linea Usa trumpiana, accentuando il «sí» all’egemonia “amerikana” nel «no» all’egemonia tedesco-francese-Ue, pur restando nell’Ue, quindi «sí» allo pseudo-sovranismo dell’Italia nella «sovranità limitata» sotto gli Usa, accentando però “identità” italiche quantomeno opinabili (tipo “Italia crisitiana”), nel «sí» agli imperativi prioritari del capitale, sotto copertura statale. La chiusura al flusso migratorio ne vine di conseguenza.
Insomma: – Ue e piú Usa. E questa è la direttrice del governo Lega-Fd’I e pezzi residui di FI (preparata a sua volta da una lunga suite di imposizioni sui 5S e di prese di posizione).
Ne conseguono le seguenti rilevazioni (per me indiscutibili):
- a)abietta sottomissionedi tutta la «classe politica» “nostrale” (sia “di lungo corso”, sia di media esperienza, sia di new entry) ai comandi esteri e agli imperativi altrui (il che è tutt’altro dal tenere conto della situazione geostrategica, geopolitica, geoeconomica in cui si situa il nostro paese), ora divisi nel dettare l’obbedienza servile o piú all’Ue, o piú agli Usa. Quindi non c’è da attendersi da questo “insieme” nessuna vera iniziativa per la ri-acquisizione dell’indipendenza e dell’autonomia (perdute con la sconfitta nella II guerra mondiale, e peraltro già compromesse in precedenza rispetto alla Germania) da parte del nostro paese, dunque nessuna vera iniziativa per la costruzione di un’effettiva democrazia della connessa apertura di misure davvero efficaci sul piano sociale (perché indipendenza e autonomia ne sono la premessa decisiva).
- b)Miserabile realtàdi tutti i “discorsi” imperversanti (si fa “per il bene del paese”, “per il bene dei cittadini”, “l’Italia ci chiama”, e cosí via) in questi giorni e nel prossimo futuro, che si centrano sul sostegno di questioni parziali a fine propagandistico (fra cui il piú che discutibile “taglio” di 345 parlamentari, posto come «prioritario» per gli italiani [?!] e invece svolto a strizzare ancor piú l’oligarchia elettivo-rappresentiva, e condiviso M5S e Lega), oscurando ogni concreta comprensione dello «stato delle cose».
- c)Subalternitàdel tifo scatenatosi, pro M5S o pro Lega (o “Salvini ci ha tradito”, o “i 5S ci hanno tradito”, etc.), perché appoggia, senza comprenderle, l’una o l’altra delle due direttrici, che vanno ambedue contro le effettive istanze della gran maggioranza della popolazione e dei veri interessi del nostro paese, coltivando speranze infondate che l’una o l’altra diano risultati davvero fattivi.
- d)Apertura di un grosso vuoto politico, nonché culturale e anche sociale, nel nostro popolo, vuoto che è tanto tale, nei fatti, quanto difficile, sempre nei fatti, per un’azione di promozione, ripresa, raccolta, volta all’aggregazione del movimento democratico popolare che occorre, perché – sotto la combinazione degli imperativi esteri ora divergenti e della pochezza servile della «classe politica» e delle formazioni politiche italiche – lo sfascio del primo sbocco au sommet delle reattività popolari emerso con il voto del 4 marzo 2018 lascia, comunque, un terreno bruciato. Il che non significa che “erba non ricresca” e che non si debba, a ogni modo, tentare.
MM