(http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=850). Dopo aver oscurato per anni il dato per cui i conti previdenziali si giovano del fatto che molti immigrati regolari versano i contributi all’Inps senza poi avvalersi dei benefici pensionistici, la stessa Inps, per voce del presidente Boeri lo ha usato per cercare di dimostrare la necessità della migrazione. Dall’altra parte si potrebbe obiettare che i benefici sui conti previdenziali hanno come contraltare aggravio dei costi sanitari ed effetti depressivi sulla domanda interna per l’abbassamento del costo del lavoro (concorrenza dei migranti con i lavoratori interni) e le rimesse all’estero degli stessi migranti. La vera questione non è migrazione sí o no, ma l’uso in funzione deflazionistica. L’Europa usa i migranti per deprimere la domanda interna e aumentare i flussi finanziari (indebitamento personale, rimesse) legati alla migrazione. Il buco nero della deflazione europea inghiotte le potenzialità di sviluppo dell’Africa e quindi favorisce sia l’indebitamento delle masse africane, sia la migrazione in quanto unica chance per ripagare i debiti. L’Africa è stata massacrata non solo dai servizi segreti americani, francesi e britannici che hanno ucciso i leader africani, dalle multinazionali che depredano le risorse; ma anche dalla deflazione europea che impedisce la formazione di ceti sociali solidi, per creare invece una poltiglia sociale che faccia da target ai servizi finanziari. Accade cosí che milioni di africani che non hanno mai visto un’industria, siano però già “banchizzati” e che il Paese africano più “banchizzato”, la Nigeria, sia anche quello che fornisce il maggior numero di migranti.
Anche prima di Maastricht la deflazione è stata il convitato di pietra dell’economia italiana, come “difesa della lira”, cioè difesa dei creditori. Nel 1964 e nel 1975 la deflazione si è presentata cosí a esigere la liquidazione dell’industria meridionale. Il Sud è stato storicamente una colonia deflazionistica interna molto prima di diventare una colonia deflazionistica della Germania. Boeri è andato all’attacco del timidissimo decreto “Dignità” paventandone i rischi per l’occupazione. Boeri non vuol convincersi che il lavoro non è una merce come le altre, perché il lavoratore spende, cioè domanda altre merci. Leggi come il Jobs Act vanno poi ben al di sotto dello standard del lavoro merce, in quanto considerano il lavoro una servitú. Se il governo avesse voluto fare sul serio, avrebbe eliminato tout court il Jobs Act con annessi i suoi effetti deflazionistici e depressivi. È comunque imbarazzante che un governo “di destra” ([detto] il «piú a destra della storia della Repubblica») faccia almeno finta di voler riequilibrare i rapporti tra capitale e lavoro, il che potrebbe alimentare le tesi secondo cui la “sinistra” è organicamente identificabile con l’euro-deflazione a causa delle sue tare ideologiche: da un lato l’austerità berlingueriana, dall’altro la fobia del nazionalismo, da esorcizzare attraverso la tutela da parte delle organizzazioni sovranazionali. Tutto vero, ma le cause ideologiche vanno in secondo piano rispetto alle circostanze reali e ai rapporti di forza. Il centrosinistra dell’Ulivo era negli anni ‘90 l’unico soggetto politico materialmente in grado di condurre a compimento il progetto coloniale della moneta unica, in quanto a destra vi era l’egemonia di una mera lista elettorale nata a fini esclusivamente personali, come Forza Italia. Tutte le fasi critiche della colonizzazione europea invece non sono state fatte gestire alla “sinistra”. Nel 2001 arrivava l’euro ma l’Ulivo si arrese al ritorno del buffone di Arcore senza neppure cercare di contrastarlo sul piano elettorale. Nel 2008 il secondo governo Prodi fu fatto cadere nel pieno della tempesta finanziaria americana dei mutui subprime. Nel 2011 il Pd di Bersani venne escluso dalla gestione della crisi dello spread tramite l’operazione Monti; mentre nel 2013 ancora Bersani fu affossato per preparare la strada al corpo estraneo Renzi attraverso la pausa del governo Letta. Il regime puramente personale di Renzi ha messo in evidenza il fatto che il vecchio centrosinistra della linea Ulivo-Pd ormai non costituisce più un soggetto politico. L’alternativa, la vera opposizione all’attuale governo, non proviene dal centrosinistra, bensì dal partito della Troika (Fondo monetario internazionale, Commissione europea, Banca centrale europea), o lobby della deflazione, che è il vero deluso dalla formazione del governo Conte. Lo scorso anno si dava per scontato che la fine del Quantitative Easing di Draghi sarebbe stata gestita in Italia dalla Troika o, quantomeno, da un governo che ne facesse le veci, come quello di Cottarelli. Sarebbe piú semplice ammettere che la “sinistra” è definitivamente fuori dai giochi e che l’avversario del governo è il partito della Troika. In questa situazione è strano che il ministro Tria non trovi di meglio che cercare di mettere d’accordo Fmi e Keynes con la formula salomonica della diminuzione della spesa corrente e l’aumento degli investimenti pubblici.