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JEAN-CLAUDE MICHÉA, LETTERA SUL MOVIMENTO DEI GILET GIALLI

(testo integrale: http://vocidallestero.it/2018/11/26/una-lettera-di-jean-claude-michea-sul-movimento-dei-gilet-gialli/).

In sintesi: Il movimento dei «gilet gialli» (buon esempio di quella creatività popolare di cui parlavo in Misteri della sinistra) è l’opposto dei tentativi di disinnescare la critica radicale al sistema, concentrando sull’unico potere (pur decisivo) di Wall Street e del famoso “1%”: sono rivolte di metropolitani ipermobili e ultraqualificati, vivaio della classe dirigente di sinistra ed estrema sinistra liberale (e suoi settori piú contro-rivoluzionari e anti-popolari). Qui sono quelli “dal basso” a ribellarsi, con una coscienza sufficiente a rifiutarsi di scegliere tra sfruttatori di sinistra e di destra.

L’argomento degli “ambientalisti” di corte (che preparano la «transizione energetica»=delocalizzare l’inquinamento dei paesi occidentali nei paesi del Sud), per cui è il movimento di quelli dell’«ideologia dell’automobile», «tizi che fumano sigarette e viaggiano a diesel», è assurdo e immondo: la maggior parte dei gilet gialli non ha nessun piacere a prendere ogni giorno l’auto per lavorare a 50 km da casa, per fare la spesa nell’unico centro commerciale in genere situato in campagna a 20 km di distanza, o per andare dall’unico medico non ancora in pensione a 10 km da casa. (Mia esperienza nelle Landes: ho un vicino di casa che ha € 600 al mese e calcola sino a che giorno può fare la spesa a Mont-de-Marsan, a seconda del diesel, carburante dei poveri, che può comprare.) Capiscono che il problema sta nell’attuazione per 40 anni, da parte dei governi di destra e di sinistra, del programma liberale, che ha trasformato il loro villaggio o quartiere in deserto, e la prima azienda che dà qualche posto di lavoro mal retribuito è a decine di km di distanza (se ci sono dei «progetti per le periferie» non c’è mai stato nulla per questi villaggi e cittadine, dove vive la maggior parte dei francesi, destinati all’estinzione da «senso della storia» e «costruzione europea»!).

Non è l’auto in quanto tale (“segno” della loro “integrazione” nel consumo: non sono né lionesi né parigini!) che i gilet gialli difendono. È che la loro auto diesel usata di seconda mano (che la Commissione europea sta cercando di togliere, inventando nuovi «standard di qualità») rappresenta l’ultima possibilità di sopravvivenza: avere una casa, un lavoro, sfamare se stessi e le famiglie nel sistema capitalista di oggi, che avvantaggia sempre piú i vincitori della globalizzazione. Ed è il “cherosene di sinistra”, quello che porta nelle università di tutto il mondo (e “Festival di Cannes”) la buona novella “ecologista” e “associativa”, a osare dare lezioni! Coloro che non conoscono altro che i loro poveri palazzi metropolitani non avranno mai un centesimo della decenza che oggi si può ancora trovare nei casolari poveri (è la mia esperienza nelle Landes che parla!).

Mi domando solo fino a che punto può arrivare un simile movimento rivoluzionario (che non è estraneo, per nascita, programma unificante e modalità di evoluzione, alla grande rivolta del Sud del 1907) nelle tristi condizioni politiche di oggi. Non va dimenticato che ha davanti a sé un governo thatcheriano di sinistra (il consigliere principale di Macron è Mathieu Laine, uomo d’affari della City di Londra, che ha curato la prefazione alle opere in francese della strega Maggie), un governo cinico e senza paura, pronto ad arrivare ai peggiori estremi pinochettiani (come Maggie con i minatori gallesi o gli scioperi della fame irlandesi) per imporre la sua «società dello sviluppo» e il potere antidemocratico dei giudici, trionfante, che ne è il corollario. Con tanto di servili media francesi. Ci sono già tre morti e centinaia di feriti, alcuni in condizioni critiche. Bisogna risalire al maggio del ’68 per un costo umano paragonabile. La copertura mediatica è adeguata? E cosa avrebbero detto questi cani da guardia se il bilancio (provvisorio) fosse stato causato da un Putin o da un Trump?

Infine, non va dimenticato che se il movimento dei gilet gialli guadagnasse ancora terreno (o mantenesse il sostegno della stragrande maggioranza della popolazione), lo Stato macroniano non esiterà a inviare i suoi Black Bloc e la sua “Antifa” per screditarlo od orientarlo a un’impasse politica suicida. Ma anche se questo movimento dovesse venire interrotto dal P.m.a. (Partiti dei media e dell’argent=denaro), significherà che è stata una prova generale. E l’inizio di una lunga battaglia. Perché l’ira “dal basso” (sostenuta dal 75% della popolazione, quindi stigmatizzata dal 95% dei cani da guardia mediatici) non ripiegherà: la gente non ne può piú e non ne vuole piú sapere. Il popolo è in movimento! E, a meno che non se ne elegga un altro (come desidera Eric Fassin, agente attivo della French American Foundation), non rientrerà nei ranghi. Che le Versailles di sinistra e di destra (per usare le parole dei proscritti della Comune rifugiati a Londra) lo tengano per certo!

FC

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