Nea Polis

La manifestazione piddina di domenica prossima, 30 settembre, a Roma

Il piatto forte: «con l’Italia che non ha paura» (di chi e di che? C’è tanta gente tremebonda in giro?) contro il «governo dell’odio» (chi e che cosa «odierebbero» il governo e i suoi, per la verità davvero non pochi, sostenitori ed elettori?). I contorni: «risvegliamo l’Europa!» (dormiva? Che cosa deve fare? Per la precisione, si tratta l’Ue, che non è «l’Europa», e che non dorme per niente e che continua a far danni); «rilanciare gli investimenti sulle infrastrutture per non interrompere il lavoro fatto» (dice Delrio: avendo dato una massa di soldi a gruppi “oscuri” e loro “seguiti”, inoltre con bassissima occupazione, per infrastrutture anche dannose, si dovrebbe «rilanciare» tutto? E continuare a sborsare quattrini, a spese degli italiani?); «una sinistra vincente deve portare dalla sua parte un pezzo del M5S» (dice Cuperlo: e come pensa di fare, il Pd rinnegherà le politiche condotte fino al 4 marzo scorso, e ancora sostenute, contro le cui ricadute hanno vinto 5S e Lega?). Scopo: «per un Pd che sappia tenere insieme tutte le anime alternative alla deriva sovranista, da Macron e Sánchez a Tsipras» (dice Martina, che ribadisce l’ostilità piddina alla riacquisizione di un’autonoma decisionalità da parte del nostro paese, ed è quanto viene definito «sovranismo», e fa referenze ben [s-]qualificanti: il traditore del popolo greco e della sua volontà, Tsipras; l’ispanico insignificante e senza prospettive, Sánchez; il francese Micron [è questo il vero e appropriato cognome], in crollo di consenso, e di futuro, che punta all’Ue fantasticando di imporvi un’egemonia della Francia).

Le malelingue fanno girare la voce secondo cui i manifestanti raccattati verranno portati a Roma e da qui riportati “a gratis”, con qualche “gratifica” in aggiunta. Che si tratti di maldicenze o di verità, o di mezze maldicenze e di mezze verità, questa manifestazione non ha fondamenti sensati, quanto si evidenzia è solo il ribadimento della reazione, cioè delle politiche piddine le cui ricadute hanno portato al niet elettorale della maggioranza degli italiani, e al crollo di Pd, e all’irrilevanza del codazzo da LeU a PaP (che codazzo sono, nonostante, e proprio perciò, i distinguo e le critiche anche feroci al Pd stesso).

Crollo e irrilevanza che non avranno certo un’inversione di rotta con la manifestazione piddina del 30 settembre prossimo. Come non sono e non saranno invertiti dal fatto che tutti i media, sia televisivi, dalle tv di Stato a quelle “private”, sia di stampa, dai “giornalacci” (come «Libero», «Il Giornale», «Il foglio», con soltanto «La verità» che esprime delle posizioni non pro-governo, ma filo-leghiste) ai “giornaloni” (come «La Repubblica», il «Corriere», «La stampa», «Il sole-24 ore») fino ai “giornaletti” (come «Il fatto quotidiano», «il manifesto»), siano duramente e continuativamente ostili al governo giallo-verde (e dunque ai suoi, davvero non pochi, sostenitori ed elettori). Il che, detto en passant, pone la questione di avere dei media che, almeno, seguano la deontologia giornalistica, e non rifischino balle, omissioni, distorsioni, disinformazioni, e interpretazioni capziose dell’“operatore” di turno (agente attivo, televendolo o pennivendolo che sia, con tanto di “esperti” a non capire e non far capire niente) presentate come “fatti”. Una questione importante, che occorre affrontare.

No, il governo giallo-verde e il suo consenso non saranno per niente scalfiti da questa manifestazione (come non lo sono dalle varie e facinorose contestazioni ultra-minoritarie che si ripetono a giro per l’Italia, con lo stesso, controproducente, copione), anzi è, e sarà, al contrario. I problemi del governo sono altri, come: la “gabbia” del «sí» a Ue-euro-Nato posto nel «contratto» di governo, quando l’urto con l’Ue-euro è inevitabile, non fosse che per il blocco al deficit spending e all’intervento pubblico (per non dire del controllo della moneta e della politica monetaria, e di molto altro ancora), e lo è quello con la presenza-Nato, precisamente per l’autonomia del paese; la non-chiarezza sulla strategia (sul piano economico in primis, ma non solo: c’è tanto di piú); lo scontro con il complesso dell’establishment (che “rema contro” e arriva fino al vertice dello Stato); lo sviluppo e l’avvio dell’attuazione di una vera democrazia, di massa, unica “chiave” per spezzare ogni reazione, presente e futura. Ma questo può essere solo rimesso al prosequio e a possibili pressioni costruttive sul governo giallo-verde e il complesso dei suoi sostenitori ed elettori.

MM

1 Commento

  1. MM

    “Manifestazione riuscita con 70.000 partecipanti”, hanno proclamato dal Pd in primo momento, come rispappagallato dai media “amici” (ossia tutti o quasi, anche quelli del Berlusca). Il che, già, non era un granché, poiché si trattava della manifestazione nazionale a Roma, annunciata con grande strombo (“il Pd torna in piazza”, “il Pd si rilancia”, e simili sparate) e preparata con cura, e grosse spese (si pensi solo ai costi di 200 pullmann e 2 treni). Poi dal Pd si è capito che questa era per forza una balla, dato che Piazza del Popolo ha una capienza effettiva di circa 50.000 persone, e allora ci si è attestati su questa cifra, di nuovo rimbombata dai media “amici” (ossia, va ridetto, tutti o quasi). E cifra ancora meno significativa, dato il “peso” che doveva avere tale manifestazione nazionale. Tuttavia, guardando molte riprese e foto, e tenendo conto che conosco molto bene la romana Piazza del Popolo e so quanto contiene e non contiene quando non è davvero fittamente gremita, posso affermare con sicurezza che anche la seconda cifra è una balla: in realtà, la “grande” manifestazione piddina è andata dai circa 20.000, presenti all’inizio, al culmine, verso le ore 15,15-30, di circa 30.000 o al massimo 35.000 persone, per poi svuotarsi progressivamente. Quindi, proprio no, questa manifestazione nazionale del Pd (nazionale: va ribadito e sottolineato) non è riuscita per niente come partecipazione: è fallita, nonostante sforzi e spese. Con le dovute proporzioni di dimensioni cittadine e sforzi organizzativi, sarebbe come esaltare una manifestazione di 2 o 3.000 persone a Firenze.

    E che “gente” ci è andata? Una banda di amministratori piddini (che, del resto, non se ne potevano esonerare) con un po’ di amici, parenti e conoscenti, “pezzi” del partito residuo, un po’ di interessati e di gente “in lista di attesa” di “qualcosa”, tifosi inossidabili (come gli ultras delle squadre di calcio), sia romani, sia di fuori città. Che si sono spellati le mani per allusioni stronzamente sforzate e offensivamente tendenziose, come quelle di Martina e di Renzi sul saluto dal balcone di Di Maio (che poi è sceso in strada, ma tant’è: si vuole dare a intendere, beninteso ai decerebrati, che qualunque politico, nella fattispecie Di Maio, saluti dal balcone è come il Duce, o qualche dittatore sudamericano), e per i ragli di Martina, Renzi & soci sulla “rovina” prossima ventura, anzi in atto, del paese, contro i sussidi che ammazzerebbero il lavoro (che hanno lavorato a deprimere e ridurre, ma in decerebrati non lo vogliono sapere), contro la “deriva venezuelana” (?!) che è stata agitata, per la proclamata «resistenza civile», che ovviamente è del tutto insignificante e insensata, né sarà mai nient di reale. Insomma, i partecipanti hanno assunto e dichiarato la loro reazione contro le misure governative, ossia: no a un sostegno di disoccupazione, inoccupazione, sottoccupazione per un avviamento a un lavoro; no all’eliminazione delle indecenti pensioni per pensioni piú accettabili; no al superamento dell’infame legge Fornero; no alla riduzione della strangolante e vessatoria esazione fiscale; no a una composizione del paralizzante gravame delle tasse; no a un piano di investimenti statali. Bella posizione, no? Da reazionari sfottuti (come i vandeani contro la Rivoluzione francese, come i sanfedisti contro la Rivoluzione partenopea). Evidentemente è tutta gente che se lo può permettere, a scapito altrui, in compagnia di altri cervelli d’acciuga che sanno soltanto tifare. Oltre a tale posizione che dimostra appieno che gente siano costoro, hanno saputo solo gridare (ovvero belare, muggire, grugnire) «unità, unità!», del Pd (anche con i fuoriusciti?), dei dirigenti. Vale a dire che si dovrebbero mettere in un solo mazzo Marina, Renzi, Delrio, Zingaretti & banda, ossia tutti questi cialtroni (che danno di cialtroni agli altri, dando a intendere che “rovinano i conti” delle misure di politiche keynesiane di deficit spending, peraltro sperimentate nonché molto contenute nel D.e.f., volte a supportare la domanda interna con una redistribuzione del reddito e a rilanciare gli investimenti tramite interventi statali), e cosí si “rivitalizzerebbe il partito”: e come, con questi “capi” che si scannano per darsi a vicenda le colpe del disastro politico ed elettorale? E “rivitalizzato” su che, a che, perché? A riprendere la devastazione socio-economica del nostro paese nell’abietta subordinazione ai diktat del grande capitale transnazionale e dell’Ue?

    Il Pd è politicamente finito, e cosí lo è la sua “gente”. Ma bisogna portarne fino in fondo la distruzione, anche a livello locale: la reazione va combattuta e respinta, rintuzzata. E senza troppe “gentilezze”, senza accreditare che l’interlocuzione con questa “gente” possa avere qualcosa di sensato. Il che vale appieno, va ricordato, anche per la “gente” di posizioni pseudo-opposte, quella belusconiana di FI (mettendo da parte le insistite e persistenti ambiguità in merito di Salvini e della Lega).

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