È l’appassionante libro di Orwell del 1938 (in italiano nel 1948), steso a partire dalla sua partecipazione alla guerra civile anti-franchista-falangista (e fascista e nazista) in Spagna (fino alla ferita per cui lascia il paese), dove loda l’abnegazione dei resistenti, catalani in primo luogo, contro il golpe di Franco, pur nel disincanto rispetto alle forze politiche staliniste, ambigue e conservatrici a costo di far fallire la lotta anti-franchista (com’è accaduto), e nella constatazione del confusionismo delle forze politiche piú coerenti. E ancora oggi, pur nella confusione delle mosse, va ben considerato ciò che avviene in Catalogna. La marcia alla dichiarazione di costituzione della Repubblica catalana ha un passato consolidato, e relativamente recente (la subordinazione alla Castiglia è del 1714), è un “filo” costante della storia catalana (dalla fine dell’Ottocento agli anni venti del Novecento), schiacciato dalla sconfitta nella guerra anti-franchista del 1936-39, va al di là del fatto di produrre il 19% del Pil ispanico, si fonda sull’autonomia della nazione catalana, ripreso via via, data prima l’autonomia insufficiente poi negata, fino al referendum del primo ottobre 2017. E la marcia verso l’indipendenza della Catalogna è importante, rivelatrice e dirimente.
Vediamo. Le posizioni delle forze politiche e mediatiche in Italia: i media hanno fatto vedere la repressione (piú di 800 feriti) e le manifestazioni dei catalani, ma evidenziando l’“incostituzionalità” del referendum (e, pur al 90% dei «sí», con solo il 42% e rotti dei votanti: certo! Con piú di 10.000 poliziotti scatenati), con finta “equidistanza”, che copriva appena il sostegno al governo Rajoy; tutte le forze politiche (da FI, che peraltro fa parte dello stesso Ppe in cui sta il partito di Rajoy) alle restanti, si sono sostanzialmente dichiarate contro la Catalogna (con la falsariga à la Ue di “deprecare la violenza”, però …) o, al più, sono rimaste silenti – e, nell’occasione la Meloni ha mostrato quanto sia sottile la sua vernice “democratica” (liberale), rivelando la fascistina (pro Stato centralistico, autoritario e dirigistico, con discorso peraltro insensato: “integrità della nazione”, ma proprio ciò dovrebbe sostenere la nazione catalana). Sola (lodevole) eccezione il M5S e la Lega. Il che la dice di nuovo lunga su come considerare il “grosso” delle altre forze politiche e media connessi.
Di seguito, è da rilevare come la lotta coraggiosa dei catalani sia stata e resti isolata (appoggio solo dei Paesi baschi, che vi puntano per richiedere a loro volta maggiore autonomia; la Galizia è a favore ma sta a vedere, e cosí altre regioni pro-indipendenza europee; minoritario l’appoggio degli indipendenti sardi e corsi; qualche bandiera della Liga veneta). La battaglia della Catalogna è lasciata a se stessa (cosí è stato per il complesso della guerra civile ispanica del 1936-39, con qualche sostegno “peloso” dell’Urss e la non-ingerenza delle potenze occidentali, davanti al massiccio intervento pro-Franco della Germania nazista e dell’Italia fascista, e il solo apporto fu dei volontari delle brigate estere). E i catalani devono contare su proprie forze, coraggio e decisione. Ma c’è da notare come il fronte per la costituzione della Repubblica catalana abbia oltrepassato le divisioni politiche, andando dalla destra alla sinistra, anche piú «estrema»: esempio di ciò che “funziona” e che è possibile, ossia il fronte democratico di liberazione nazionale.
La battaglia della Catalogna è importante. Apre la via all’emersione delle altre spinte in Europa, in cui si afferma l’indipendenza o comunque una forte autonomia rispetto agli Stati centrali e accentrati: che non è già la democrazia (la quale non è l’elezione da parte dei tanti dei pochi delegati alla gestione del potere: sono solo il principio oligarchico e la sua attuazione, mistificati come “democrazia”), ma vi apre maggiori possibilità, e infatti procede dall’unico strumento democratico esistente, il referendum, che sottopone un quesito a tutto un popolo. Perciò la pur invocata come «mediatrice» Ue, organismo sovrastatuale (funzionale alla fase del capitalismo detta «globalizzazione») che supporta le oligarchie (politiche, economiche, sociali, culturali, mediatiche) dei vari Stati e comanda con esse sui paesi europei, abbisogna di Stati unitari al proprio servizio, dopo la retorica vuota rispetto al duro intervento della polizia castigliana contro il referendum (“con la violenza non si ottiene niente”, il che è falso, perché, esempio specifico, il referendum catalano è pur stato “azzoppato”, anche se ciò è stato infine controproducente), ne ha assunto l’“incostituzionalità” e dunque la “non-democrazia”, addotte dal governo spagnolo del bieco Rajoy e ribadita dall’indecente discorso del re Felipe VI di Borbone (lo Stato spagnolo è un Regno, restaurato da Franco post mortem). Il che rivela come la “democrazia” sia solo la maschera del sistema dei regimi oligarchici liberali, concepita come massa di leggi costituite, che, ovviamente, statuiscono lo Stato centrale esistente, perciò la fuoriuscita non è costituzionale: ma la democrazia è fatta dalle leggi? No, dall’espressione diretta della volontà del popolo, che il regime liberale ostacola, blocca, nega. E anche qui l’Ue, che è contro la Catalogna e “si arrocca” con il Regno di Spagna, dà un’altra dimostrazione di ciò che è: Unione anti-europea, sfruttatrice e nemica dei popoli e paesi dell’Europa, a favore di se stessa e delle oligarchie europee. Ma l’indipendenza, a cui comunque si avvia la Catalogna, situerà la Repubblica catalana fuori dall’Ue (e quindi dal disastrante euro), aprendo ancor piú la stura al dissesto (già in corso) verso il tracollo (necessario ai popoli e paesi d’Europa) dell’Ue stessa. E dunque, di nuovo, omaggio alla Catalogna.
MM