Nea Polis

USA, ISRAELE, MASSACRI DEI PALESTINESI

E SQUALLORE DI RENZI & CO., E DEI MEDIA NOSTRALI

 Matteo Renzi è andato in Egitto. A fare che cosa? Il “golpista” egiziano Al Sisi non si è speso a favore dei palestinesi – sul ruolo dell’Egitto dopo Mubarak rispetto alla Palestina si tornerà in altra occasione, ma prendiamo atto che l’Egitto ha fatto poco e nulla a sostegno del popolo palestinese massacrato. In Palestina è andata di recente anche la ministra Mogherini. Esiti concreti: niente.

Mentre Hamas affermava che non c’era nessun «rapito», ma solo un soldato israeliano vittima del «fuoco amico» durante un raid israeliano, mentre Israele usava tale «rapimento» per attuare altri massacri, distruggendo anche l’ospedale di Rafah, il nostro Renzi – statista di primo piano, uomo “del fare” –, andato al Cairo allarmato sull’approvvigionamento energetico italiano per il caos in Libia, ha tuonato una vibrata protesta, intimando: “liberate immediatamente il soldato rapito!” senza dire nulla sui macelli attuati da Israele.

Intanto Glenn Greenwald – il giornalista che ha pubblicato le intercettazioni illegali della «sicurezza» Usa (il Datagate) – informa sul suo sito («The intercept») di ulteriori dichiarazioni di Snowden. Ne dà notizia Geraldina Collotti, I documenti segreti del ruolo americano nella guerra d’Israele («il manifesto», 05.07.2014):

 Glenn Greenwald l’aveva annunciato: «Snowden farà altre importanti rivelazioni a proposito di Israele». E cosí sta avvenendo. […] Gli ultimi documenti top secret esaminati da Greenwald fra gli 1,7 milioni di files forniti dall’ex agente Cia, Edward Snowden, gettano nuova luce sull’aggressione israeliana ai palestinesi di Gaza […]. Evidenziano il coinvolgimento diretto degli Usa e dei loro principali alleati. Negli ultimi dieci anni […] la Nsa [l’Agenzia per la sicurezza Usa, n.d.r.] ha notevolmente aumentato il supporto – con armi, soldi e informazioni – alla sua omologa israeliana, l’Unità 8.200 (o Isnu, o Sigint). La cooperazione tra le due agenzie è cominciata nel 1968 […ed è] la base per le strette relazioni esistenti […] fra tutte le altre organizzazioni dell’intelligence israeliana e quelle degli Stati uniti […]. Servizi segreti alleati per tenere sotto controllo diversi obiettivi e «i paesi del Nord Africa, del Medio Oriente, del Golfo Persico, del Sudest asiatico e le repubbliche islamiche dell’ex Unione sovietica». In molti casi, Nsa e Isnu hanno collaborato con le agenzie di spionaggio britanniche e canadesi, il Gchq e il Csec. Emerge anche l’apporto di […] regimi arabi come la monarchia giordana e il ruolo delle forze di sicurezza dell’Anp [… per ]servizi di spionaggio essenziali per individuare e colpire «obiettivi palestinesi». «The intercept» mostra […] una ricevuta di pagamento, […] 15 aprile 2004.

Le […] aggressioni alla popolazione di Gaza […] sarebbero impossibili senza il sostegno degli Usa, sempre pronti a soddisfare le richieste belliche di Israele, come […] con i 225 milioni di dollari aggiuntivi […] per finanziare il sistema missilistico israeliano. Un atteggiamento che stride con il presunto ruolo di mediazione [… degli] Stati uniti nel conflitto […]. Fatti che depotenziano le parole di Obama pronunciate come se il presidente Usa fosse un semplice spettatore di fronte al massacro dei bambini a Gaza («è straziante vedere cosa sta succedendo lí»). Obama […] parla di Gaza come se si trattasse di una calamità naturale, di un evento incontrollabile a cui il governo Usa assiste sgomento.

Secondo i documenti di Snowden, attualmente rifugiato in Russia, Cia e Mossad hanno anche addestrato l’attuale leader del gruppo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), Abu Bakr el Bagdadi. L’Isil, che sostiene il ritorno al «califfato», è stato […] costituito in Siria per combattere il governo di al Assad. Ha ricevuto armi dall’intelligence Usa e […] del Regno Unito, e finanziamenti dai sauditi e dalla monarchia del Qatar. El Bagdadi è stato in carcere a Guantanamo dal 2004 al 2009. In quel periodo Cia e Mossad lo avrebbero reclutato per fondare un gruppo capace di attrarre jihaidisti di vari paesi in un unico luogo: e tenerli cosí lontani da Israele. Per Snowden, «l’unica soluzione per proteggere lo Stato ebraico è quella di creare un nemico alle sue frontiere, ma indirizzarlo contro gli Stati islamici che si oppongono alla sua presenza».Un’operazione segreta detta «nido di calabroni». La stretta collaborazione tra i servizi di Washington e quelli di Tel Aviv non ha però impedito lo spionaggio […] tra i due grandi alleati. E cosí – ha rivelato […] «Der Spiegel» – l’intelligence israeliana ha intercettato le conversazioni del Segretario di Stato Usa, John Kerry, con i mediatori arabi e con l’Autorità palestinese: per avere le risposte pronte durante l’ultimo tentativo di negoziato con i palestinesi.

Fin dal 25 luglio la «Leadership ebraica» aveva avanzato una proposta per la soluzione della crisi di Gaza. Ne dà notizia Manlio Dinucci, La « soluzione» del Likud per la Striscia («il manifesto»):

Il segretario generale dell’Onu Ban-Ki-moon, all’ombra del segretario di Stato Usa John Kerry di cui apprezza il «dinamico impegno», sta cercando a Gerusalemme il modo di «portare fine alla crisi di Gaza». Sembra però ignorare che qualcuno l’ha già trovato. Il vicepresidente della Knesset, Moshe Feiglin, ha infatti presentato il piano per «una soluzione a Gaza». Si articola in 7 fasi. 1) L’ultimatum, dato alla «popolazione nemica», di abbandonare le case in cui si trovano i combattenti di Hamas, «trasferendosi nel Sinai non lontano da Gaza». 2) L’attacco colpendo tutti gli obiettivi militari e infrastrutturali «senza alcuna considerazione per gli scudi umani e i danni ambientali». 3) l’assedio, così che « niente possa entrare o uscire da Gaza». 4) La difesa, «per colpire con la piena forza e senza considerazione per gli scudi umani» qualsiasi luogo da cui sia partito un attacco a Israele. 5) La conquista: i militari «conquisteranno l’intera Gaza, utilizzando tutti i mezzi necessari per minimizzare qualsiasi danno ai nostri soldati». 6) L’eliminazione: le forze armate «annienteranno a Gaza tutti i nemici armati» e «tratteranno in accordo col diritto internazionale la popolazione nemica che non ha commesso malefatte e si è separata dai terroristi armati». 7) La sovranità su Gaza, «che diverrà per sempre parte di Israele e sarà popolata da ebrei».

Agli abitanti arabi, che «secondo i sondaggi desiderano per la maggior parte lasciare Gaza », sarà offerto «un generoso aiuto per l’emigrazione internazionale», che verrà però concesso solo a «quelli non coinvolti in attività anti-israeliane». Gli arabi che sceglieranno di restare a Gaza riceveranno un permesso di soggiorno […] e, dopo anni, «coloro che accettano il dominio, le regole e il modo di vita dello Stato ebraico sulla propria terra» potranno divenire cittadini israeliani.

Questo piano non è frutto della mente di un singolo fanatico, ma di un uomo politico che sta raccogliendo crescenti consensi in Israele. Moshe Feiglin è il capo della Manhigut Yehudit («Leadership ebraica»), la maggiore fazione all’interno del Comitato centrale del Likud, ossia del partito di governo. Nell’elezione della leadership del Likud nel 2012, ha corso contro Netanyahu, ottenendo il 23% dei voti. Da allora la sua ascesa è continuata, tanto che in luglio ha aggiunto alla carica di vicepresidente della Knesset quella di membro della influente Commissione affari esteri e difesa.

Esaminando il piano che Feiglin sta promuovendo, sia in Israele che all’estero, si vede che l’attuale operazione militare israeliana contro Gaza comprende quasi per intero le prime 4 delle 7 fasi previste. Sotto questa luce, si capisce che la rimozione dei coloni israeliani da Gaza nel 2005 aveva lo scopo di lasciare alle forze armate mano libera nell’operazione «Piombo fuso» del 2008-9. Si capisce che l’attuale operazione «Margine difensivo» non è contingente, ma, come le altre, parte organica di un preciso piano (sostenuto perlomeno da una consistente parte del Likud) per occupare permanentemente e colonizzare Gaza, espellendo la popolazione palestinese. E sicuramente Feiglin ha già pronto anche il piano per «una soluzione in Cisgiordania».

 «Intanto si annuncia una tregua ma a Gaza si muore» – T. Di Francesco («il manifesto», 05.07.2014):

non c’è nessun vero cessate il fuoco, né alcun ritiro. Netanyahu del resto ha chiarito le sue intenzioni: ridispiegamento delle truppe, con i militari che occupano il 44% della Striscia e praticano un zona cuscinetto, e tutti i carri armati pronti a reintervenire, mentre nella zona di Rafah continuano i bombardamenti, mietendo anche ieri decine di vittime […]. Sono mille e ottocento le vittime, la maggior parte civili con centinaia di bambini.

Con buona pace dei nostri ineffabili media, scrupolosi “velinari” e intollerabili servi.

CB

Lascio un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.