La questione ucraina, non solo è stata posta “in secondo piano”, ma è ormai vista attraverso la tragica vicenda del Boeing malese. Mentre le parti si rimpallano le responsabilità, gli Stati occidentali, Usa in testa, mettono in atto sanzioni contro la Russia che dichiarano di voler progressivamente intensificare. I media nostrani, va da sé (e da tempo …), sono schierati disciplinatamente nel ruolo di compiacenti megafoni degli Stati uniti. I quali avranno buon gioco a insistere per un aumento dei contributi alla «difesa comune» da parte degli alleati, cioè a un sostegno piú cospicuo alle spese Nato. E poi ci sono gli F35: diamine, la nostra aeronautica si deve pur fornire di una tecnologia aggiornata ed efficiente! Se poi, per l’acquisto di questi aerei – definiti «da difesa», in realtà, d’attacco – dobbiamo tagliare la spesa pubblica in settori vitali (quelli parassitari sono, ovviamente, intangibili), pazienza: “c’è crisi”. E se i nuovi acquisti, «di ultima generazione», si riveleranno inadeguati (come già si vocifera, tra l’altro da parte di fonti americane), anzi pericolosi, oltreché dispendiosi, che ci si può fare: il nemico è alle porte! Che l’America dimostri una volta di piú tutta la sua arroganza nell’addebitare al nemico di turno, nel caso alla Russia, la responsabilità di aver “prefigurato” il verificarsi dell’accaduto in quanto fornitrice di armi ai cosiddetti «ribelli», non è una novità. Ma non può non lasciare un po’ basiti la stucchevole litania delle accuse contro la Russia, quasi che gli Stati uniti fossero rimasti a guardare: non hanno avuto parte diretta e preminente nel fomentare gli eventi ucraini? Come già al tempo della cosiddetta «rivoluzione arancione», e come nei paesi dell’Est europeo, e in tutto il mondo almeno dal secondo dopoguerra in poi, ogni qualvolta hanno intravisto la possibilità di trarre profitto dalle risorse o dalla posizione geo-strategica di un determinato paese. Navi americane scorazzano nel Mar nero – e i russi dovrebbero tollerare gli “amerikani” nel cortile di casa.Qualcuno si ricorda di quel che avvenne qualche decennio fa? Quando navi russe incrociarono davanti a Cuba, in una fase critica dei rapporti dell’isola con gli Stati uniti? Si sfiorò il rischio di un conflitto mondiale. Neanche un santo (e Putin certo non lo è) potrebbe tollerare tanta arroganza senza batter ciglio. L’Europa, naturalmente, non può mancare in tanta compagnia, schierata a rimorchio della Germania, una volta di piú cane da guardia al guinzaglio degli interessi dell’imperialismo Usa in Europa (e, probabilmente, non solo in Europa).
CB
UCRAINA, OBIETTIVO CENTRATO
Una «tragedia globale»: cosí Obama ha definito l’abbattimento dell’aereo malese in Ucraina nel colloquio telefonico con Putin. Durante il quale ha accusato la Russia di armare i ribelli ucraini, rifornendoli anche di missili antiaerei. In altre parole, ha accusato Mosca di essere, direttamente o indirettamente, responsabile della morte di 298 persone provenienti da molti paesi del mondo. Versione accreditata da una serie di «prove» che i servizi segreti statunitensi hanno diffuso via Kiev sui media mondiali, poche ore dopo che l’aereo è precipitato: tra queste la comunicazione telefonica in cui un comandante ribelle riferisce a un colonnello dell’intelligence militare russa che forze separatiste hanno abbattuto l’aereo, unita a un video che mostra, nella zona controllata dai ribelli, una batteria russa Sa-11 da cui manca un missile, quello che avrebbe abbattuto l’aereo. Successivamente, il segretario di Stato Kerry ha dichiarato alla Cnn di avere le prove che Mosca non solo ha fornito ai separatisti missili Sa-11 ma li ha anche addestrati a usarli. A questo punto la commissione d’inchiesta internazionale appare superflua. Le «prove» presentate da Washington avrebbero infatti già dimostrato che l’aereo civile è stato abbattuto, non per errore, ma volutamente (i voli civili sono identificati da uno speciale codice), con una batteria missilistica russa da russi ucraini di fatto sotto comando russo, che subito dopo hanno telefonato all’intelligence militare russa […], pur sapendo che tutte le comunicazioni telefoniche vengono intercettate. Risultato: Mosca messa sul banco degli imputati dalla «comunità internazionale» (leggi Stati uniti e loro alleati); i russi ucraini bollati come terroristi; l’attenzione dei media focalizzata sulla tragedia dell’aereo, facendo passare in secondo piano la tragedia della strage israeliana dei palestinesi a Gaza.
Una tecnica collaudata, usata piú volte da Washington, per fabbricare il casus belli. Basti ricordare l’incidente del Golfo del Tonchino (l’attacco di motosiluranti nord-vietnamite al cacciatorpediniere Usa «Maddo», rivelatosi poi falso, che nel 1964 permise al presidente Johnson di avere carta bianca dal Congresso per estendere la guerra al Nord Vietnam). O le prove sulle «armi di distruzioni di massa» irachene, presentate dal segretario di Stato Powell al Consiglio di sicurezza dell’Onu (rivelatesi poi false per ammissione dello stesso Powell), che nel 2003 permisero al presidente Bush di avere carta bianca al Congresso per attaccare e occupare l’Iraq.
Poco importa se, nel 2024 o dopo, emergerà da qualche documento desecretato che l’aereo malese fu volutamente abbattuto nel 2014 da una delle batterie Sa-11 di fabbricazione russa, schierate pochi giorni prima dalle forze armate di Kiev a ridosso del territorio controllato dai ribelli, una zona di guerra stranamente non interdetta ai voli civili. E che l’intera operazione era stata organizzata dai servizi segreti statunitensi. L’importante è il risultato odierno: l’accusa alla Russia di essere responsabile del voluto abbattimento dell’aereo malese (un atto che, per Mosca, sarebbe suicida) permette al presidente Obama di avere carta bianca dal Congresso per estendere la nuova guerra fredda contro la Russia. Il Congresso ha infatti adottato, il 17 luglio, «l’Atto di prevenzione dell’aggressione russa», che garantisce a Ucraina, Georgia e Moldavia lo status di «maggiori alleati non-Nato degli Stati uniti», autorizzando il presidente a fornire a questi e ad altri paesi dell’Est, direttamente e attraverso la Nato, il massimo aiuto militare ed economico in funzione anti-Russia.
Manlio Dinucci
«il manifesto», 22.07.2014