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ARMI E GUERRA, E L’ITALIA DECOTTA SALVATA DA RENZI

Intempestivamente e improvvidamente premio Nobel per la pace, Barack Obama indossa l’elmetto. Dice il «New York Times», in un articolo citato da Dinucci («il manifesto», 24.09.2014):

l’amministrazione Obama sta investendo decine di miliardi di dollari nella modernizzazione e ricostruzione dell’arsenale nucleare e degli impianti nucleari statunitensi.

A tale scopo – continua Dinucci – sarebbe stato realizzato recentemente a Kansas City

un nuovo enorme impianto, piú grande del Pentagono, dove migliaia di addetti, dotati di futuristiche tecnologie, «modernizzano» le armi nucleari, testandole con avanzati sistemi che non richiedono esplosioni sotterranee. L’impianto di Kansas City fa parte di un «complesso nazionale in espansione per la fabbricazione di testate nucleari», composto da otto maggiori impianti e laboratori con un personale di oltre 40mila specialisti. A Los Alamos (New Mexico) è iniziata la costruzione di un nuovo grande impianto per la produzione di plutonio per le testate nucleari, a OIak Ridge (Tennesee) se ne sta realizzando un altro per produrre uranio arricchito a uso militare.

I costi del progetto di Los Alamos, da 660 milioni a 5,8 miliardi di dollari in dieci anni, e quello di Oak Ridge, da 6,5 a 19 miliardi, avrebbero rallentato i lavori. Comunque

«l’amministrazione Obama ha presentato […] 57 progetti di upgrade di impianti nucleari, dei quali 21 approvati dall’ufficio governativo di contabilità e 36 in attesa di approvazione». [… Il] costo stimato sarebbe di 355 miliardi di dollari in dieci anni. [… È] la punta dell’iceberg, dato che a tali costi vanno aggiunti quelli dei nuovi vettori nucleari. A tal fine l’amministrazione Obama avrebbe presentato al Pentagono un piano per la costruzione di 12 nuovi sottomarini da attacco nucleare (ciascuno in grado di lanciare […] fino a 200 missili o bombe nucleari su altrettanti obiettivi), altri 100 bombardieri strategici (ciascuno armato di circa 20 missili o bombe nucleari) e 400 missili balistici intercontinentali con base a terra (ciascuno con una testata nucleare di grande potenza, ma sempre armabile di testate multiple indipendenti). Secondo uno studio recente (Monterey Institute), il costo […] sarebbe di 1000 miliardi di dollari: nel bilancio federale un dollaro su quattro verrebbe investito per spese militari. Diventa pertanto carta straccia il «Trattato Stuart», che prevedeva qualche seppur modesto passo sulla via del disarmo, firmato a Praga nel 2010 da Stati uniti e Russia. A sua volta quest’ultima accelera il potenziamento delle proprie armi  nucleari e altrettanto fa la Cina al fine di mettere in atto contromisure tali da neutralizzare lo «scudo anti-missili» che gli Usa si prefiggono di realizzare, per lanciare un first strike nucleare senza essere a loro volta colpiti per rappresaglia. Il menzionato testo di riferimento informa […] che l’Italia verrebbe coinvolta direttamente nel processo di «ammodernamento» delle forze nucleari Usa anche sul nostro territorio: le 70-90 bombe [… Usa] B- 61 stoccate ad Aviano e a Ghedi-Torre, verrebbero trasformate da bombe a caduta libera a bombe «intelligenti» a guida di precisione, ciascuna con una potenza di 50 kiloton, […] il quadruplo della bomba di Hiroshima; tali ordigni sarebbero […] adatti ai nuovi caccia F35, che l’Italia si è impegnata ad acquistare.

 

Fin qui l’articolo citato. I media nostrani non ci informano per nulla di tutto ciò, e diffondono menzogne, o meglio mezze verità, ancor piú deleterie: come affermando che sarebbe stato approvato il dimezzamento della fornitura di F-35, il che è vero a metà, perché è stato dimezzato l’ordine iniziale, non quello successivo con già una consistente riduzione ergo, tutto è rimasto com’era.

Nel frattempo, tre le mozioni approvate in Parlamento: la prima, del Pd, sostiene che va rivisto il programma di acquisto degli F35, cioè che va dimezzato il budget (ecco la via finanziaria alla pace); le altre due, del Ncd e di FI, sostengono che «bisogna rispettare tutti gli impegni assunti con gli americani della Lockheed, cercando però di risparmiare» (altra versione della via finanziaria alla pace). Sel e M5S, due forze politiche che, secondo Gian Piero Scanu, Pd (L. Fazio, «il manifesto»), «con grande onestà intellettuale si sono astenute, dando un contributo decisivo […;] in un momento storico delicato come questo, in cui la Nato sta spingendo tutti i paesi a incrementare le spese per rinforzare gli arsenali di guerra, la decisione del parlamento è la cifra di una stagione politica di grande responsabilità» Tutto si tiene. E, per togliere ogni ombra di dubbio, Scanu aggiunge: «noi del Pd non volevamo uscire dal programma». Insomma uno scontro finto.

Intanto Renzi, in America, incontra Obama e concede ben due interviste, al «Wall Street Journal» e  a Bloomberg (A. Colombo, «il manifesto», 26.09.2014). Per dire che?

Compromesso non è una brutta parola. Ma in questo caso il compromesso non è la strada. […] La riforma del mercato del lavoro è una priorità e, se i sindacati sono contro, per me non è un problema.

La minoranza interna, cui tanto spazio hanno dato i media nostrani, non viene nominata: per Renzi il dissenso spetta al sindacato. Poi il Nostro ha incontrato Marchionne, che, tempo fa, aveva gratificato Firenze di essere una piccola, povera città, con vibrate rimostranze dell’ex sindaco frattanto neopremier. Ora tra i due è nato quasi un reciproco innamoramento, se è vero, come pare abbiano detto, che sono state salvate due aziende decotte: la Fiat da Marchionne e l’Italia da Renzi.

Chi dei due l’ha detto? Che importa, dato che sono ormai pappa e ciccia. I cosiddetti «poteri forti» sembrano, però, un po’ raffreddati verso il rampante neopresidente e, nonostante il conclamato 40,8% dei consensi, si sussurra che «si apprestino forse ad affidarsi al salvatore di ultima istanza, la Troika. Speriamo (conclude V. Comito, «il manifesto, 26.09.2014, del cui testo è la citazione) per qualche avvenimento miracoloso, di riuscire ad evitarlo». Ma come, con Napolitano-Renzi & Co.? O arrivandoci precisamente tramite l’operato di tale banda? Oppure facendo “da sé”, con Renzi o chi per lui, quanto vuole la Troika? Nello stesso modo di come si sta già facendo proprio quanto vogliono gli “amerikani”.

CB

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