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STRATEGIA DEL CAOS E LIBIA

UNA COMPONENTE DELLA STRATEGIA DEL CAOSLA LIBIA CANCELLATA PER TENERE A FRENO L’INTERA AFRICA?

Angelo Del Boca, storico del colonialismo (e biografo di Gheddafi), sostiene che la Libia diventerà una nuova Somalia: le vicende libiche hanno preso «una traiettoria complicata e di non facile lettura» (intervista di S. Pieranni, «il manifesto», 27.08.2014), con difficili informazioni di prima mano che non siano subito smentite. Del Boca dice che

la situazione è disperata […]. La morte di Gheddafi invece di risolvere la situazione – come qualcuno aveva erroneamente sperato –, ha accentuato la divisione del paese. Gheddafi era stato capace di tenere sotto controllo e far dialogare 140 tribú, [… di] intrattenere buoni rapporti con tutti questi gruppi tribali, quindi […] la Libia poteva essere considerata un paese tranquillo, anzi […] disponibile [… verso] l’Occidente e capace di costituire una copertura contro gli islamisti.

L’attacco a Gheddafi faceva parte di interessi europei, specie della Francia, in buoni rapporti con lui, che sembra che avesse prestato € 50 milioni per la campagna elettorale di Sarkozy. Del Boca si chiede se i raid francesi abbiano mirato, tra l’altro, a celare questa notizia. E continua:

il generale Haftar [ha attuato il golpe in Libia, n.d.r.] ha vissuto gli ultimi vent’anni negli Stati uniti e […] non [sta] riuscendo ad avere il sopravvento sugli islamisti. Oggi in Libia non c’è una forza che possa vincere con le armi, perché ci sono almeno un centinaio, [… forse] 300, piccole repubbliche […], che si contendono il loro piccolo territorio e il denaro che esce dal petrolio […, né] vogliono accordarsi. Finché queste forze non sono disarmate e non nasce una Libia davvero indipendente […] non ci sono possibilità di soluzioni politiche.

L’Unione africana può avere un ruolo nell’evoluzione positiva della questione libica? Del Boca ritiene di no, come era avvenuto anche durante la guerra civile:

possiamo dire che la Libia è una nuova Somalia, divisa, con un’enormità di armi in giro. Perché anche questo fa parte della tragedia: in Libia ci sono molte armi, anche pesanti, perché Gheddafi ha sempre pensato di arricchire in continuazione il suo patrimonio bellico. […] Per quanto riguarda le milizie islamiste, credo siano molto forti e penso che Haftar non abbia le forze per contrastarle davvero. […] Non credo che possano arrivare forze straniere [a risolvere la situazione, n.d.r.], è una questione assolutamente interna, con due parlamenti, uno a Tripoli e uno a Tobruk.

Il primo, filo-islamista, a Tripoli; il secondo filo-golpista a Tobruk. Due i premier, il filo-Fratelli musulmani Omar al-Hassi, e il filo-Haftar, Abdullah al-Thinni (G. Acconcia, «il manifesto», 27.08.2014). Ma c’è anche una guerra «per procura» (continua quest’ultimo articolo), un

conflitto parallelo [che] vede impegnati […] l’Egitto dei generali e gli Emirati arabi uniti (insieme all’Arabia saudita), che appoggiano il golpista Khalifa Haftar, le sue milizie, il suopremier, l’ex ministro della difesa […] al-Thinni e il suo parlamento a Tobruk, [la] Camera dei rappresentanti libica [… la cui legittimità è stata riconosciuta dal Cairo, benché il voto non abbia rispettato le procedure]. [… E] gli islamisti, asserragliati nel Congresso generale nazionale (Cng) di Tripoli [… con] loro premier Omar al-Hassi […], controllano i miliziani di Misurata, con l’aiuto anche militare del Qatar.

Lo scontro si è acuito dopo i due raid sponsorizzati da Egitto ed Emirati – le basi il primo, piloti e rifornimenti in volo i secondi. Gli Usa (nella loro strategia del caos, su cui torneremo), con le potenze maggiori loro alleate, hanno condannato i raid, e si sono schierati dalla parte dei golpisti; il nuovo inviato dell’Onu, Bernardino Leon, pare avallare le elezioni dello scorso giugno, per

accordare sostegno a un processo politico […]. Cosí fanno Italia, Francia, Germania e Regno Unito che hanno condannato l’escalation […] delle violenze in tutta la Libia [il che va bene sempre, n.d.r.]. I bombardamenti su Tripoli segnano una nuova pagina dello scontro tra autocrati arabi e movimenti islamisti che tentano di rovesciare i vecchi regimi. Dopo il colpo militare in Egitto, il nuovo governo, insieme ad Arabia saudita ed Emirati, ha lanciato una campagna nella regione (diplomatica, mediatica e militare, armando le milizie controllate) per il ritorno o il consolidamento dei generali.

La Banca Mondiale  istituzione insospettabile nei dati positivi che fornisce, per il cinismo che la distingue  rende noto che la Libia fino a quattro anni fa manteneva «alti livelli di crescita», a incremento medio annuo del 7,5% del Pil, e registrava «alti indicatori di sviluppo umano». Universale l’accesso all’istruzione primaria e secondaria; del 46% a quella universitaria. C’era disparità tra ricchi e poveri (prerogativa non solo libica), ma il tenore di vita era molto piú alto degli altri paesi africani. Lavoravano in Libia 2 milioni di immigrati da paesi subsahariani e Corno d’Africa; la Libia aveva favorito la nascita di organismi volti all’autonomia finanziaria in Africa. Cosí Aldo Madia (che si occupa da anni del Vicino Oriente e Sudest del mondo) sul sito «Remo Contro Newsletter», che aggiunge

In Africa, la Libyan Arab African Investment Company dei 27 Paesi della Comunità Economica per lo Sviluppo della Comunità sahelo-africana, la cui segreteria è a Tripoli, aveva investito nei settori manifatturiero, minerario, turistico, agricolo e delle telecomunicazioni. La Libia aveva finanziato le opere per la realizzazione di tre Istituti economici dell’Unione africana: Banca popolare di investimento (sede a Tripoli), Fondo monetario africano (sede a Yaoundè, in Camerun), Banca centrale africana (sede ad Abuja [in Nigeria, n.d.r.]). Lo sviluppo di questi tre organismi avrebbe consentito all’Africa di sottrarsi al controllo della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, con la liberazione dal Franco-Cfa (Comunità finanziaria dell’Africa), la moneta che sono obbligati a usare i 14 paesi già colonie francesi.

Jean Ping, ex ministro degli esteri gabonese ed ex presidente della Commissione dell’Unione africana dal 2008 al 2013, in un suo recente testo, Eclipse sur l’Afrique, ha illustrato il percorso che ha portato all’eliminazione di Gheddafi, illustrandone le “coincidenze sospette” nell’accavallarsi degli eventi. Non si è letta questa testimonianza, tuttavia una seria riflessione, e al tempo stesso una domanda, si impongono: la Libia cancellata per tenere a freno l’intera Africa?

CB

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