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A COSA SERVE IL PARLAMENTO EUROPEO

Proprio nella ricorrenza delle elezioni parlamentari dell’Ue (25 maggio 2014) è il caso di porsi una domanda, che forse sembra strana, ma non lo è: ma a che serve il parlamento europeo?

Le prerogative del parlamento dell’Ue

1.  Controllo politico.  Pare importante, ma in che consiste? Il parlamento non può modificare i «Trattati»: l’Ue è un «organismo internazionale» di Stati, non uno Stato federale, e si basa su accordi e «vincoli» stabiliti fra gli Stati aderenti  non fra popoli, città, cittadini, e quindi neanche fra i loro «rappresentanti». Il parlamento europeo può:

a) presentare eventualmente una mozione di censura della Commissione europea (art. 234, «Trattato sul funzionamento dell’Unione europea»: Tfue)  che è la Commissione l’esecutivo, composto da un delegato per ogni Stato dell’Ue: ha il potere di iniziativa legislativa, adozione degli atti normativi, attuazione delle decisioni politiche, gestione dei programmi e spesa dei fondi. La mozione, se approvata, comporta le dimissioni della Commissione Ue e dell’Alto rappresentante Ue per Affari esteri e Politica di sicurezza  ma restano per gli affari ordinari, fino a sostituzione (art. 17 «Trattato sull’Unione Europea», noto come «Trattato di Maastricht»: Tue). La censura richiede almeno i due terzi dei voti – dunque tale mozione non è mai passata.
b) Esaminare la relazione generale presentata ogni anno dalla Commissione europea (art. 233, Tfue) e alcune relazioni (previste dai «Trattati») su questioni specifiche, nonché in eventuali «interrogazioni» alla Commissione e al Consiglio europeo  il Consiglio dei ministri europei, è composto (art. 16, Tue) da 1 rappresentante per ogni Stato membro, scelto a livello ministeriale per impegnare il governo di ogni Stato sulla questione trattata: la presidenza del Consiglio, a rotazione ogni sei mesi, va a uno degli Stati componenti l’Ue.
c) Nominare un «mediatore»  per accertare infrazioni al diritto dell’Ue e vigilare sulla «buona amministrazione» nei rapporti tra Ue cittadini , accogliere eventuali petizioni dei cittadini (artt. 24, 2° co., e 227, Tfue) e istituire commissioni (temporanee) di inchiesta (su richiesta di un quarto dei membri del parlamento) su violazioni o cattiva gestione del diritto dell’Ue.

2.  Bilancio annuale.  Su tale “materia” il parlamento e il Consiglio sono in parità (art. 314, Tfue), ma ciò che davvero “conta” è il quadro finanziario pluriennale (per non meno di 5 anni), stabilito dal Consiglio all’unanimità, con la prevista approvazione della maggioranza dei membri del parlamento (art. 312, Tfue), il quale, però, su ciò non ha poteri concreti, perché l’unanimità del Consiglio implica l’accordo fra i vari governi degli Stati aderenti all’Ue.
Quindi, il parlamento ha un ruolo solo consultivo nella determinazione delle entrate dell’Ue, stabilite con accordi intergovernativi, dice poco sul quadro finanziario pluriennale, non determina le entrate. Condivide con il Consiglio l’approvazione del bilancio annuale  ma nel quadro finanziario pluriennale e al fine di attuare i «Trattati».

3.  Funzione legislativa.  «Un atto legislativo dell’Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i Trattati non dispongano diversamente» (art. 17, n. 2., Tue). Perciò il parlamento può “far leggi” solo su istanza della Commissione europea, può richiedere di dar corso all’iter per di atti di legge  ma sempre nell’attuazione dei «Trattati».
Le procedure legislative previste sono quella ordinaria e quelle speciali. Ordinaria: adozione di una misura del parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione  che “media” tra parlamento e Consiglio in caso di disaccordo. Speciali: «adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest’ultimo con la partecipazione del parlamento europeo» (art. 289, n. 2, Tfue).
Il parlamento, sempre con la partecipazione del Consiglio, “legifera di suo” solo su tre questioni di scarsa rilevanza: a) statuto dei membri del parlamento (art. 223, n. 2, Tfue); b) definizione della procedura per l’esercizio del diritto di inchiesta (art. 226, co. 3, Tfue); c) adozione dello statuto del «mediatore» Ue, alla cui rete istituzionale fanno capo i «difensori civici» degli Stati membri (art. 228, Tfue). Per il resto, il Consiglio decide leggi, con la partecipazione del Parlamento, su circa 30 questioni, su cui il parlamento o è solo consultato (circa 20 questioni) o deve solo approvare (circa 10 questioni)  e può eventualmente solo porre o meno il veto, a «maggioranza qualificata».

Per qualche modifica dei «Trattati»?

Il parlamento europeo non può modificare i «Trattati»: ne può solo sollecitare una qualche procedura di revisione (art. 48, Tue). La proposta può venire da: uno Stato membro, la Commissione, il Consiglio, il parlamento  ed è trasmessa al Consiglio europeo. Ma il Consiglio decide a maggioranza semplice se è opportuno procedere o no: e decide come vuole.
Se la maggioranza degli Stati e rispettivi governi è contraria, la procedura di revisione non inizia. Se pure la procedura inizia, il Consiglio europeo convoca a maggioranza semplice una Convenzione di cui fanno parte rappresentanti della Commissione, dei capi di governo o di Stato, dei parlamenti nazionali, del parlamento europeo. La Convenzione invia una «raccomandazione» a una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri (Cig), convocata dal presidente del Consiglio europeo, la quale concorda all’unanimità sulle eventuali modifiche da apportare, a propria discrezione, senza vincoli né delle richieste, né della «raccomandazione». E le eventuali modifiche  approvate all’unanimità dalla Conferenza  vanno ratificate dagli Stati membri, nel rispetto dei «Trattati».
Per le modifiche di poco conto (art. 48, Tue), in un primo caso il parlamento europeo ha può sollecitare, ma non sono previste né la Convenzione né la Conferenza, il ruolo preminente spetta al Consiglio europeo, ma occorre sempre l’approvazione di tutti i parlamenti nazionali. In un secondo caso, non è prevista nemmeno la sollecitazione del parlamento.
In sostanza, l’Unione europea è un «organismo internazionale» fondato sui «Trattati», le cui modifiche comportano l’unanimità nel Consiglio europeo (ossia il consenso di tutti i governi o capi di Stato) e la ratifica o l’approvazione di tutti i parlamenti nazionali.

Quale è il senso di queste elezioni?

Sono gli Stati aderenti all’Ue che, se del caso, possono modificare i «Trattati», ma devono trovare una previa unanimità. I cittadini degli Stati dell’Ue non lo possono fare tramite i «rappresentanti» eletti al parlamento europeo, il quale non ha nemmeno il potere di intervenire sulla politica economica dell’Ue, in generale, e, in particolare, sulla politica monetaria.
Per il resto, la procedura legislativa ordinaria prevede l’azione del parlamento forzata a essere congiunta con il Consiglio europeo (organo degli Stati dell’Ue), in posta in subordine al comando della Commissione europea (esecutivo plenipotenziario dell’Ue). Le procedure legislative speciali prevedono solo la consultazione del parlamento  il quale, se pur arriva a porre il veto, non blocca l’adozione della legge, ma riceve soltanto una «risposta motivata». E sempre e comunque ogni funzione legislativa si deve situare nell’attuazione dei «Trattati».
Il parlamento europeo non risponde nemmeno ai principi liberali dell’elezione di una camera di «rappresentanti» con potere legislativo: dunque non è neanche un parlamento “vero”, è uno pseudo-parlamento  ma comporta “sistemazioni” per vari membri della «classe politica» dei diversi Stati dell’Ue, spese ingenti per parlamentari e addetti vari (tanto piú con lo raddoppiamento assurdo delle sedi del parlamento stesso: a Bruxelles e a Strasburgo), fornisce la classica “foglia di fico” di (cosiddetta) «democrazia parlamentare» a quell’«organismo internazionale» (a preminenza d’area europea dello Stato germanico) che è l’Ue.
Le elezioni europee hanno semplicemente il senso di “segnare il polso” delle situazioni interne ai diversi Stati, in primo luogo rispetto all’Unione (anti-)europea, nonché rispetto all’assetto interno dei diversi Stati stessi. La loro rilevanza sta tutta e solo in questo: a) il qualche “peso” politico, di prospettiva, di una consistente “area” che sia coerentemente situata sul “no all’Ue” nello pseudo-parlamento europeo e b) la consistenza dell’opposizione interna alle politiche (economiche e non) “appoggiate” all’Ue  e ciò ci interessa, a noi, in Italia.

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