Nea Polis

ACCORDO UE-GRECIA

102621343-461937560.530x298Le misure adottate sembrano quelle annunciate nella tarda giornata di ieri: si chiedono alla Grecia una serie di riforme da adottare e votare in parlamento entro il 15/7 per decreto legge. In sintesi:
– completa riforma del sistema pensionistico (da completarsi, pare, nel giro di 3 anni), del mercato del lavoro, e liberalizzazioni; la Grecia dovrebbe rendersi perfettamente omogenea agli altri paesi membri – di piú, le “cose” procederanno quando sarà esplicitato tutto.
– Pare rientrato l’aspetto piú odioso (e gratuito) di una delle misure piú pesanti, l’imposizione di un fondo d’investimento con gli asset («cespiti») delle privatizzazioni sotto controllo-gestione del Lussemburgo a garanzia dei futuri prestiti: tale fondo dovrebbe venir gestito dalla Grecia dove avrà sede (ammontare di € 50 miliardi) – esito raggiunto grazie a Hollande e (cosí almeno vanta) Renzi.
– Fuori discussione ogni ristrutturazione del debito; e controllo stretto della Troiha (alla fiorentina!).
– Necessità greche previste: 85/90 milioni, di cui parte per rimpinguare le banche a secco.
Scontro feroce (pare) nel corso della riunione tra Draghi (definito dal quotidiano-spazzatura «Bild» «l’italiano») e Schaeuble e (a quanto si dice) spaccatura tra la Spd (il cui rappresentante avrebbe approvato il piano Schaeuble) e la Cdu (il partito di A. Merkel). Peraltro Schaeuble è membro della Csu, il partito gemello della Cdu, ultraconservatore, della Baviera.
Si è consumata così l’umiliazione della Grecia, da piú parti considerata una vendetta per il referendum (e il «no»), al fine di “istruire” i paesi eventualmente recalcitranti e i movimenti di protesta, con la prospettiva di arrivare a un governo tecnico o di coalizione dove Tsipras conti poco. Le reazioni in Grecia – ieri in diretta da «Rainews 24» – erano contrarie all’accordo e per un ritorno alla dracma: da segnalare la convergenza di voci del popolo con il parere di due economisti affiliati a Syriza (di cui sono parlamentari), con tanto di cattedra nel Regno Unito: “torniamo alla dracma”.
Tale accordo, salutato dai “politici” dell’Ue come successo dei paesi piú concilianti, è stato definito da piú parti – giornalisti ed economisti per lo piú nonfan di Tsipras – un trionfo dell’ordocapitalismo, e una vittoria di Pirro: il perché risulta chiaro, se si guarda agli aspetti geostrategici che una Grexit può comportare – e che lo strangolamento in atto del paese può rendere inevitabile al di là delle speranze e delle mene dei dottor Stranamore e dei loro tirapiedi.

CB

1 Commento

  1. mario

    Dunque, Tsipras & Syriza & Co. in fondo e infine si sono dimostrati per quello che erano e sono: una via di recupero dei consensi popolari nel supporto allo «stato di cose presente» – nel caso, Ue-Germania-Troika-Usa. Il referendum con la vittoria strabordante del «no» è stato come non fatto, svenduto; l’accordo subordina del tutto il governo, lo Stato, l’economia della Grecia – e quindi il paese, la società, la popolazione – e ne continuerà la spremitura anche delle “bucce del limone”. Il tentennamento ancora esteso nel popolo greco – “sí nell’Ue e nell’euro, ma non cosí” – e diffuso anche da noi, pur tra i piú “critici”, si basa sulla (non casuale) distruzione di ogni teoria (non ideologia). Qui accenno soltanto che: a) uno Stato può benissimo controllare la propria moneta (come circolante e deposito di valore), anzi lo deve, altrimenti non controlla alcuna politica economica, e basta produca tale moneta, con preventivo e combinato controllo dei capitali esistenti, e pubblicizzazione delle banche (e il governo greco non ha preparato niente di quanto avrebbe dovuto, se non fosse una variante di supporto allo «stato di cose presente»); b) il debito greco è del tutto non-restituìbile (come quello italiano, come quello enorme inglese e giapponese, come quello stratosferico statunitense), e la “pressione dei creditori” (cosiddetti: è la finanza speculativa del grande capitale transnazionale) serve solo a procurarsi interessi permanenti da “succhiare” e assicurarsi la proprietà-possesso-controllo-gestione di beni del popolo e del territorio (per cui bisognava proclamare il fallimento e non pagare niente a nessuno – per ricominciare ex novo, e il governo greco non ha preparato niente di quanto avrebbe dovuto, se non fosse una variante di supporto allo «stato di cose presente»); c) c’erano pericoli di rinnovato golpe(come già in passato, e ora sotto spinta Usa-Ue-Nato), per cui occorreva premunirsi, colpendone i già ben noti “focolai” interni, e puntando a un supporto estero (e la Russia è la prima grande potenza interessata), che poteva fungere anche da supporto economico, per il ri-avvio, del tutto possibile in Grecia in quanto la massima parte del Pil ellenico è a consumo interno, né in particolare vi sarebbero problemi sull’agro-alimentare (e il governo greco non ha preparato niente di quanto avrebbe dovuto, se non fosse una variante di supporto allo «stato di cose presente»).

    La “faccenda” non è affatto finita, il lungo scontro non può che proseguire nei fatti – e riguarda, e piú da vicino di quanto si pensi (proprio in base alle ciarle rassicuranti di Renzi, Padoan & trista congrega), anche noi. Insisto su quanto ho già accennato: la prospettiva di una confederazione mediterranea – Italia, Grecia, Iberia -, con il controllo del Mediterraneo conseguente, è il solo obiettivo sensato da indicare e far comprendere, mentre l’Ue-euro deve essere distrutta, lasciandola alla Germania e suoi satelliti, e aprendo al bilanciamento della pressione Usa-Germania tramite gli accordi con la Russia. Il resto è solo abietta sottomissione, criminosa e demenziale.

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