Nea Polis

ANCORA UNA VOLTA ABBIAMO UN DEBITO DI RICONOSCENZA CON L’ELLADE

ATHENS, GREECE - JULY 05:  People celebrate in front of the Greek parliament as early opinion polls predict a win for the Oxi, or No, campaign in the Greek austerity referendum as crowds are begin to gather on July 5, 2015 in Athens, Greece. The people of Greece went to the polls to decide if the country should accept the terms and conditions of a bailout with its creditors. Greek Prime Minister Alexis Tsipras is urging people to vote "a proud no" to European creditors' proposals, and "live with dignity in Europe". 'Yes' campaigners believe that a no vote would mean financial ruin for Greece and the loss of the Euro currency.  (Photo by Christopher Furlong/Getty Images)

Già a queste 23,15 di domenica 5 luglio si staglia il trionfo del «no» nel referendum in Grecia, in uno stacco netto con il «sí», nonostante la campagna terroristica di tutte le “istituzioni” Ue (non solo da parte della Trojka) e dei governi europei – chi piú chi meno, nessuno escluso. Un tempo si sarebbe detto che erano messe in moto le «truppe cammellate»: Renzi si è distinto per la durezza verso la Grecia, schierato al fianco della Merkel, la quale ora dovrà misurarsi con qualche problemuccio; anche perché si è strombazzato da tutte le parti che il voto era tra «sí» o «no» all’euro, nonostante che da parte greca si fosse precisato che si trattava di aderire o meno al programma di austerità che da 5 anni sta strangolando il paese.
Tra i vari commenti-ciarla abbondano le previsioni sul dopo-referendum: annunci su imminenti incontri a Bruxelles si alternano alle previsioni su quanto potrebbe accadere; qualche cenno all’Europa, che cosí com’è non può continuare, è accompagnato da richiami alla necessità che ciascuna delle parti in causa “ceda” invece di irrigidirsi.
Ma che cosa dovrebbe cedere la Grecia? Nessuno, comunque, dice chiaramente che questo «no» è un segnale netto del fallimento di “questa” Unione europea e non è affatto escluso che si aprano altre falle a opera di quelle componenti che – pur su versanti contrapposti – hanno auspicato prima e festeggiano poi la vittoria del «no». Le elezioni di autunno in Spagna, dove «Podemos» è a soli tre punti sotto il partito di Rajoy e alla pari con i socialisti, sarà il primo banco di prova, nonostante le manovre di Merkel & Co., tese – tra l’altro – a «colpire uno (la Grecia) per educare tutti» gli altri.
Che farà Draghi? Le banche greche sono senza quattrini, si è detto, quindi la Grecia dovrà scendere a patti, perché la Bce non concederà neppure gli aiuti cosiddetti «Ela» (per i paesi in difficoltà), senza un accordo politico. Ma come? Dove è andata a finire l’indipendenza della Bce, continuamente ribadita e sancita perfino dal trattato di Lisbona? E i trattati non si possono violare! Peraltro la Bce, che ora non potrebbe assumersi la responsabilità di dare qualche soldo alla Grecia, si è invece già assunta la responsabilità di tagliare i fondi all’annuncio del referendum.
Le banche sono chiuse lunedí 6 luglio – si tuona – e poi … chissà. Già, chissà se la Grecia non si decida di prendere l’“Europa” in parola, uscendo dall’euro e rivolgendosi a Putin che – pur avendo ribadito di non aver ricevuto, finora, richieste di aiuto dalla Grecia – si è comunque dichiarato pronto a concederlo se gli fosse stato richiesto. Del resto c’è già un accordo per il transito dell’oleodotto, attraverso il paese, che fornirà petrolio all’Europa nei prossimi anni, e c’è pure un accordo con la Cina, che del Pireo intende fare un hub internazionale e costruire un collegamento ferroviario Atene-Budapest per esportare le proprie merci sul mercato europeo. Con buona pace degli Usa che rischiano di veder traballare la Nato sul versante est. E con buona pace anche di Renzi, a cui Brunetta ha inviato un messaggino in greco antico, che, tradotto, suona cosí: «stai sereno!».

CB

1 Commento

  1. mario

    Matterella non si è esentato da un commento del tutto insignificante,“ora responsabilità”:?! Invece, ultim’ora, Varoufakis si è dimesso da ministro in modo – pare – di eliminare le possibili obiezioni volte alla sua specifica persona (durezza, irremovibilità, insomma “antipatia”) di fronte alla ripresa delle trattative con l’Ue. Ogni schermo è tolto e la sostanza è che il popolo greco non accetta altre misure di «austerità» (ha già dato, e anche troppo, né vuole sciagurate cosiddette «riforme» come quelle assunte in Italia, senza mai chiedere nulla alla popolazione, dalla criminosa «riforma Fornero» al Fiscal Compact in Costituzione, fino all’infamità truffaldina del Job’s act, per citarne solo alcune) e, se l’Ue, anche (forse soprattutto) su pressione Usa, vuole tenere la Grecia nell’Ue stessa (e nella Nato), deve “cambiare registro” – ma, in tal caso, anche altri vorranno “cambiarlo” e non lo si potrà negare – e l’Ue andrà incontro a veri e propri “rovesciamenti”. Oppure, l’Ue “terrà duro” e la Grecia sarà infine costretta a uscire – dall’euro e via via dall’Ue – e l’Ue andrà incontro alla sorte del “castello di carte”. Insomma, dal referendum greco niente sarà piú lo stesso: ancora una volta abbiamo un altro debito ancora, di riconoscenza con l’Ellade.

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