Catalogna verso l’indipendenza, e domande che gravano sull’immediato futuro. Allora il presidente Puigdemont, a nome della giunta e del parlamento catalani, ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna. Ne ha però rinviato la messa in atto, per arrivare a trattare con il governo del Regno di Spagna le modalità di fuoriuscita. Esultanza del “grosso” dei media (che sempre «attaccano l’asino dove vuole il padrone»): “Puigdemont ha rinunciato”, “i catalani si sono sgonfiati”. Ma, come succede ogni volta sulle questioni fondamentali, i media disinformano e fuorviano. I motivi della presa di posizione catalana sono altri. Quali? Interni: alla stessa maggioranza catalana, che dalle forze che vogliono l’indipendenza subito, “a prescindere”, ad altre che vogliono condurla con maggiore “cautela”. Inoltre, come riportano tutti i media, vi sono state «pressioni enormi» su Puigdemont, la giunta, le forze politiche, «da parte degli industriali» (attestato ulteriore che la spinta all’indipendenza catalana non è primariamente una questione economica) e «da parte della Chiesa» (la quale non si smentisce mai, in barba alle folle adoranti di “W Francisco!” e ai “sinistri” che farneticano su “il papa è il piú di sinistra”). In piú, va aggiunto che, benché il processo verso l’indipendenza sia in corso da tempo, non paiono essere state precisate una strategia e tattica adeguate, e ancor meno una sufficiente organizzazione (la storia sembra ripetersi, con quel che Orwell scriveva su confusionismo e scarsa organizzazione nel 1938). Esterni: il sostanziale isolamento in Europa, dato che l’Ue, e la Merkel, si sono dichiarati nettamente contrari (e cosí anche Trump, per gli Usa), né bastano le simpatie degli indipendentisti sardi, corsi, bretoni, fiamminghi, né, in Spagna, quelle del paese basco e della Galizia. A fronte di ciò si ha la posizione “negazionista” (addirittura dell’esistenza dello stesso referendum del primo ottobre!) e ostile del governo centrale castigliano (vedi le dichiarazioni del presidente Mariano Rajoi e della vice-presidentessa Soraya Saenz de Santamaria), del Partito Popolare nonché dei partiti alleati, con il “tentennamento”, ma sempre contrario, del Psoe, per cui va visto se ci si accomoderà a qualche trattativa, o il governo centrale si assumerà tutte le responsabilità di operazioni “di contrasto” (ulteriori a quelle già condotte contro il referendum).
Va aggiunto un “fattore” che i media non evidenziano: se in Italia, come in Francia (e altrove), la lotta contro fascismo e nazismo è stata sostanzialmente vinta, in Spagna il franchismo (forma di fascismo come «falangismo», a suo tempo ben sostenuto dall’Italia fascista e dalla Germania nazista) ha vinto nella guerra civile (del 1936-39) e ha instaurato il suo regime, che si è tenuto fuori dal secondo conflitto mondiale ed è durato fino alla morte di Franco (preceduta dall’attentato che ne ha eliminato il successore designato, Carrero Blanco), il quale ha restaurato la monarchia e il Regno di Spagna, mentre regime, «falange» e «falangisti» si sono dissolti. Ma sono scomparsi? Costoro, con figli e nipoti, amici, parenti e conoscenti, con presenza duratura nelle istituzioni statuali, con tanto delle loro posizioni e tradizioni, ma soprattutto delle loro tendenze e attitudini, sono senza dubbio sempre diffusi e presenti. Il che accentua la dura e rigida ostilità del governo centrale.
La linea scelta, e in grossa componente forzata, da Puigdemont e governo e maggioranza parlamentare catalani, pur dovendo scontare la delusione di gran parte dei catalani (con tanto di accuse di svendita e di tradimento dei piú decisi fautori dell’“indipendenza subito”), tende a compensare il presente isolamento, scaricando sul governo centrale operazioni negative, fino alla repressione militare, onde ottenere sostegni e supporti.
Domanda: ciò riuscirà a evitare l’intervento non solo della polizia castigliana, ma anche, infine, dell’esercito del Regno? Ovviamente senza dover rinunciare all’indipendenza. E ancora: l’intervento repressivo del governo centrale, trasformando i catalani da indipendentisti in irredentisti, non darà la stura a una rinnovata guerra civile? Che a suo tempo i catalani hanno già condotto, e con piena decisione e grande coraggio. Domande pesanti, in situazioni tuttavia sempre piú inevitabili nello sgretolamento indotto dall’Unione anti-europea e dalle oligarchie degli Stati posti al suo servizio. Domande che gravano sull’immediato futuro.
MM
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