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CHI È «POTERE AL POPOLO». Opinioni e commenti.

Chi è «Potere al Popolo».  Io, come ho già detto e scritto, sono davvero dispiaciuto di deludere amici che o si sono candidati o comunque si impegnano o a ogni modo votano, o pensano di votare, per «Potere al Popolo», ma non posso né devo, e neanche voglio, deludere me stesso, assentendo a questa “operazione”, che mostra in evidenza precisamente lafalsità dei suoi tre «no» centrali e fondanti, ossia «no Ue, no Euro, no Nato» (e se i tre «no» sono falsi, è falso tutto il resto, e mira solo ad aggregare forze nella speranza, peraltro infondata, di mandare qualcuno in parlamento, e comunque punta a coprire e giustificare con vaghe bandiere rosse stinte eslogan fittizi, le prassi, alcune ben “opinabili”, che i vari “pezzi” componenti conducono). Quindi, «Potere al Popolo» non è un’“alternativa” di nulla, e nemmeno un “meno peggio” per cui votare, data la falsità che sta alla sua base, come attesta quanto segue.                                                         

 Scrive Francesco C: non ne avevo bisogno, ma ecco l’ulteriore conferma di chi è «Potere al Popolo»:

«A condizione che l’Italia resti nella Unione europea e nell’Euro, i discorsi a riguardo possono e devono assolutamente esserci.
L’Ue cosí strutturata non è la forma ottimale per sperare in una vera unità dei popoli europei. Ogni critica è lecita, l’Ue deve favorire lo sviluppo di tutti, senza Stati-vittime. Ma tutto questo deve accadere entro le mura europee. L’unità di una famiglia si mantiene quando i componenti dialogano, si comprendono, si aiutano, e restano, non quando sbattono la porta e sperano di farcela da soli. Le cose si cambiano dall’interno, o sarà l’inizio della fine. Specie in questo periodo storico, tra Kim, Trump, Putin, Medioriente, che mettono in discussione la sicurezza del mondo. Non possiamo aggiungere lo sgretolamento dell’Ue. L’unione fa la forza.
L’Euro è stato sempre un problema, fin dalla sua introduzione. Ma per comprendere l’importanza di restare nell’Euro-zona, bisogna avere in testa cosa significhi inflazione, quali le sue conseguenze, e sapere che è meglio avere una inflazione bassa anziché una alta. Inoltre, il ritorno alla Lira significa suicidarsi economicamente, specie quando l’Italia non è capace di mantenersi in piedi da sola, colpa del debito pubblico e dello spreco immenso di risorse.
La soluzione è restare dentro questi palazzi e almeno riformarli da dentro, se non proprio rivoluzionarli. L’alternativa è accomunarsi al pensiero ingenuo dei governi filo-nazionalsocialisti che stanno fiorendo in Europa; alla loro volontà di mettere in discussione la loro permanenza nell’ultimo baluardo della pace in Europa, ovvero l’interdipendenza economica. Perché abbandonare l’Ue implica anche tagliare con il Mercato Unico Europeo, cosa che la UK ha scordato nel giorno del referendum, e che ha ricordato solo dopo. Infatti se ne sono pentiti in tantissimi: oggi il Remain vincerebbe a mani basse. Europa sí, ma non cosí.#PotereAlPopolo»

Aggiungo (e anche questo lo dico e scrivo da tempo) che la sinistra nel suo complesso si è “schiacciata” – in un suo interno “ventaglio” che va dall’assenso esplicito all’assenso sotteso, fino all’assenso nei fatti, pur coperto da critiche e insulti – sulla (fase del capitalismo detta) «globalizzazione», quindi su Ue/euro (e Nato sottesa, che ne è la base), dunque sulle sue ricadute (dalla strutturazione a tali fini degli Stati e loro gestioni alla devastazione socio-economica-culturale-civile, fino al previsto, voluto, provocato, enorme flusso migratorio). Gridare “dagli alla destra”, “dagli al rinascente fascismo” e cosí via, non serve né servirà che a poco o niente, poiché è proprio tale “schiacciamento” che ha aperto porte, portoni, ponti levatoi al “gioco” della destra. E ci vorranno tempo e ulteriori sfasci perché “a sinistra” ci si possa “riciclare”, in primo luogo a livello di “testa”. Né gli esiti di tale “riciclo” sono sicuri, date le “teste” piuttosto “cristallizzate” (abili solo a fare “furbate” dalle gambe corte).                                             
MM

2 Commenti

  1. mario

    Ugo B. mi dice: «già il termine popolo [a proposito di «potere al Popolo»] mi lascia molto sospettoso, soprattutto per coloro che intenderebbero recuperare posizioni legate alla lotta di classe, poi la stessa proposta di partecipare a queste elezioni frutto di un parlamento illegittimo. che inoltre ha costruita una legge elettorale truffaldina e anticostituzionale, coronamento del colpo di Stato strisciante avviato negli anni novanta dall’allora Pds. Credo che sarebbe opportuno costituire dei comitati per il ritorno alla legalità costituzionale, almeno per sputtanare non solo i promotori del colpo di stato ma anche i falsi oppositori che lo hanno avallato nei fatti».

    Ecco la mia risposta, che, non essendo solo personale, penso possa interessare, quindi la “giro”:

    «anche il “discorso” sulla “legalità costituzionale” è “bruciato” (vedi l’ultimo fallimento del tentativo di Montanari, Falcone & soci) e tutti (sottolineo tutti) concorrono a questo ennesimo rito oligarchico: i tantissimi (milioni) che acconsentono a delegare a questo, quello, quell’altro, etc. Il che non era affatto vietato dalla “legalità costituzionale”, bensí istituito, anche se in forme meno strozzanti e piú proporzionalistiche (“una testa, un voto”). Infatti, la Costituzione sancisce il fallimento e il tradimento della pagina piú luminosa della storia italiana del Novecento (relegate nell’oscurità del dimenticatoio le Repubbliche partigiane e i Consigli di gestione, ambedue, quelle sí, forme di vera democrazia; e relegate, schiacciando l’unica formazione che le sosteneva come “altra via per un’altra Italia”, ossia Giustizia e Libertà-Partito d’azione, per opera congiunta e combinata di Pci, Psi, Dc, liberali, repubblicani, etc.). E ormai tutti (ri-sottolineo tutti) assumono l’equazione (falsa): elezioni=democrazia; Stato di diritto (emblema del liberalismo)=democrazia, anzi l’unica e vera democrazia, possibile e necessaria. Mi pare inutile, quindi, come iniziativa di massa, ri-lanciare quello che, in buona sostanza, è “ritorniamo alla Costituzione”, “applichiamo la Costituzione”: i “fiocchi” e gli “orpelli” della Costituzione (mix di apporti ideologici di Pci, Psi, Dc, liberali, repubblicani, di laici e cattolici) sono la “confezione regalo” della statuizione del regime liberale dello Stato italico fuoriuscito dal regime monarchico-fascista; se la Costituzione è stata, come si dice, “distorta” e/o “disapplicata”, lo è stata dal punto di vista dei “fiocchi” e degli “orpelli” (che hanno svolto e, anzi, continuano a svolgere la loro funzione di consenso ideologico a destra, al centro, a sinistra, a “né di destra né di sinistra”, coprendo la realtà di quello che è stato, ed è, il regime dello Stato italico: ripeto, regime liberale). È uno “steccato” preconfezionato, come quello (connesso) di destra-sinistra, che rimane tale anche con il “né di destra né di sinistra” (il quale riconosce lo steccato stesso, e si situa un po’ di qui e un po’ di là) e che viene ribadito anche con il “ritorniamo alla Costituzione, ripristiniamo …”, etc., in varie forme. E questa situazione bloccata si riscontra su tutto, e si manifesta appieno con le prossime elezioni.

    Il “nodo” vero è la “testa” (o zucca? …) delle persone, anche di quelle piú “critiche” e anche di quelle piú “attive”, per non dire della spoliticizzazione e, di piú, l’“ignorantizzazione” (neologismo da me creato qui) di massa. E dunque? Dunque, purtroppo (e sottolineo questo purtroppo) la posizione attuale inevitabile è quella dell’inattualità: per cominciare a costruire una “testa”-che-non-sia-“zucca” almeno in/con qualcuno. Certo, con pochi, almeno necessariamente all’inizio. Confortandoci con lo shakesperiano “noi pochi, noi soli …”.

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  2. Cesarina

    Lo scambio epistolare intercorso tra T.C. e F.C. mi ha riconfermata nella determinazione (già espressa in coda alla precedente mail) di sospendere ogni ricerca di contatti con la neonata formazione «Potere al popolo», in seguito a informazioni giuntemi a ridosso di quel mio scritto. Nulla vieta, peraltro, una modifica di tale atteggiamento se i fatti dovessero dissipare tale diffidenza.

    Ciò detto, non credo che sia bene sempre e comunque restare uniti: l’unione non fa necessariamente la forza, può fare anche la debolezza. Lo scambio di opinioni, anche duro e puntuale, all’interno di un gruppo è senz’altro una salutare necessità e va ricercato e perseguito, a condizione che ci si muova sulla base di un “minimo comun denominatore”: e, da quanto mi risulta, non mi pare che questo sia il caso di «Potere al popolo». Non faccio esempi perché i testi parlano da sé.

    Alle oscillazioni emerse da piú parti rispetto al giudizio su «Potere al popolo» (parlo ovviamente della formazione e non di singoli, che hanno tutto il diritto a manifestare dubbi, incertezze, perplessità, opinioni divergenti e quant’altro), è, a mio avviso, speculare la perplessità che suscita la scelta di Bagnai di aderire alla Lega. Non è qui in discussione il gradimento che la Lega incontra in ciascuno di noi e neanche, aggiungo, se siamo o meno per uscire dall’euro o dall’Ue: a scanso di equivoci, dico subito che la Lega non mi piace e che sono per lasciare l’euro appena possibile. Ma di questo non intendo scrivere ora; piuttosto vorrei capire perché non si dovrebbe aderire a una formazione se si ritiene che questo faccia gioco allo scopo che ci si prefigge. Non mi pare necessaria, e neanche richiesta, l’adesione a tutto campo alle finalità espresse da quella formazione; si tratta piuttosto di valutare se quella forza politica possa tornare utile al perseguimento al fine prefissato. Va da sé che servono idee chiare il che significa una prospettiva strategica e una buona conoscenza della materia trattata. Mi pare che Bagnai ottemperi a queste esigenze. Perché mai la Lega dovrebbe usare Bagnai, costringendolo a piegarsi alle proprie (della Lega) esigenze? Bagnai sostiene la rottura con l’Ue e una coalizione tra paesi che non ne avallino le politiche liberiste e, probabilmente, a Salvini dei tempi e delle modalità in cui questo potrà avvenire non gliene può “fregar di meno” perché ho la netta impressione che non ne capisca nulla: Bagnai è competente e potrà far valere la propria opinione. Se poi, per motivi di opportunità politica, gli obiettivi prioritari della Lega dovessero cambiare, Bagnai potrà sempre dare il benservito: mica si è sposato con la Lega (e del resto si rompono anche i matrimoni).

    In questa esigenza di riconoscersi in un’organizzazione quasi a volercisi poter specchiare vedo, da un lato, lo schifo per tutti gli opportunisti e i “paraceli” che per la seggiola piú sgangherata si venderebbero al primo offerente senza alcun pudore e pronti a cambiare casacca ogni volta che covenga; ma, dall’altro, con una nell’insieme sana reazione a tale deriva, vedo il rischio dello scivolamento in una sorta di narcisismo di stampo quasi religioso, di avere un «credo» cui affidarsi, una chiesa, insomma di una sorta di tara cattolica cui in un paese come l’Italia penso non sia dato a nessuno di sottrarsi, se non a prezzo di un’estrema vigilanza.

    Il venir meno dei partiti tradizionali, ormai liquefatti, trova riscontro, da un lato, nella proliferazione di sempre nuove entità minime (vedi il “caso Lorenzin”), che hanno il solo scopo di assicurare la sopravvivenza a chi vi aderisce; a livello sociale a un’esigenza di omologazione, di istinto gregario, per non sentirsi diversi, per sentirsi in qualche modo parte di un corpo che dia sicurezza, per non sentirsi del tutto una voce fuori dal coro. E questa mi pare una deriva pericolosa, perché rischia di indurre una sorta di deresponsabilizzazione, in nome di una sicurezza (fasulla) che si pensa in tal modo di peseguire. Con tanti saluti al pensiero critico …

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