Con l’appoggio di tutti i media (tv e stampa) – con rare eccezioni (come «Il Fatto Quotidiano»), che, peraltro, con le loro critiche finiscono per accreditare come in Italia via sia una “vera democrazia” – e con l’assenso dell’oligarchia economica e sociale, che comprende il “grosso” della «classe politica» con partiti al seguito, incombe “qualcosa” di grave, del resto in corso da tempo, sul paese.
La fine ufficiale – anche come forma legale – del sistema liberale della tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) e del consenso tramite delega a «rappresentanti» eletti.
Dopo una serie di atti di forza, che sono passati dal disattendere allo stravolgere ogni regola costituzionale; dopo il seguito di «golpe bianchi» attuati in particolare dal 2011 in poi– con Monti & Co, poi Letta & Co. –, in primis su regia di Napolitano, con tanto di indebito raddoppio della sua carica di «capo dello Stato» (dizione di epoca fascista); infine con Renzi & Co. – siamo arrivati «alla porta coi sassi»: una minoranza risicata di consensi (è tale perfino quella ora strombazzata da Renzi, votato sí da 11 milioni di elettori, ma 11 su 45, cioè da meno di 1 elettore su 4 – né si riflette sull’attuale parlamento, esito della legge precedente) a liste partitiche di nominati, consentirà di avere in mano il governo, una Camera appunto di nominati (cioè yesmen e yesgirl) messa lí a sancire ciò che decide e vuole il governo stesso, un Senato vacuo e insignificante, la presidenza della Repubblica (ormai ex-), il controllo della magistratura, la conduzione degli apparati statali.
Renzi con le sue bamboccie-ministre, che recitano a pappagallo le veline, né sanno quello che dicono (derisoria affermazione del «pari opportunità» e del “largo alle donne”), con altri loschi figuri (fra cui un Paduan, membro di «organismi internazionali», o Poletti. ex-capo delle Coop, diventate solo un’holding di finanza, produzione, distribuzione), con la complicità di Berlusconi e i suoi, insiste sul “presto e bene” e, di fronte a critiche e opposizioni, mentre Napolitano, da sdegnoso sovrano, si permette di non riceverle, fa “aperture” a qualche “ritocco”. Ma resta la sostanza del trio Napolitano-Renzi-Berlusconi: accentramento autoritario della gestione dei poteri statali, violando ogni regola liberale e costituzionale, quindi la legalità diventa fittizia, a uso e consumo dell’accentramento e basta– il che si chiama «colpo di Stato», «bianco» perché senza stato d’assedio, arresti di oppositori e carrarmati per le strade, ma sempre colpo di Stato. Lo scopo? Evidente: stabilizzare il potere dell’oligarchia italica, sub-dominante, nella subordinazione dello Stato come commesso “altrui” e nella riduzione del paese a “pontone” a disposizione “altrui”.
Opposizione parlamentare? Emendamenti sensati? Pressioni e trattative? Non servono a niente. “Ma, se si strappa qualche miglioramento …”. No: è solo il meno-peggio nel peggio in atto, quindi fa parte del peggio e, di piú, serve a corroborarlo, a farlo passare come “esito democratico”. No: va lasciato questo parlamento di nominati, con maggioranze precostituite e opposizioni decise … a non rompere, e va aperta, invece, una decisa campagna nel paese: per scuotere i tanti italiani (la vera maggioranza) che non hanno votato per Renzi e suoi collaborazionisti (di centrosinistra e centrodestra), e per criticare i seguiti di interessati e clienti, e i greggi di fans, oche e mentecatti – trista riedizione delle masse che a suo tempo aderirono al fascismo e poi, per mezzo secolo, sostennero la Dc e i partitini di contorno –, quelli che sostengono il fosco trio Napolitano-Renzi-Berlusconi.
Questo andrebbe fatto e andrebbe combinato – condizionali d’obbligo – con “qualcosa” che sia davvero di opposizione e contrasto radicale a quanto è in atto: l’auto-istituzione del movimento di opposizione (che si auto-istituisce non si fa istituire) come democrazia in atto e in corso, che si contrappone al trio, alla conclusione del colpo di Stato, alla legalità svanite diventata fittizia, alla sorte del paese e del suo popolo – e punta a imporsi dovunque possibile.
Condizionale d’obbligo, si diceva, perché tale processo non si vede. Ma, forse, nonostante tutto, non è ancora il caso di disperare: forse lo si può capire, forse lo si può mettere in atto. È da vedere.
MM