Nea Polis

CONTRO L’EUROPA A TUTTI I COSTI

In un suo articolo su «Sbilanciamoci», dal titolo significativo Euro, l’uscita è destra, ripreso anche dalla «Newsletter» di Rifondazione e da «Micromega», Roberta Carlini mostra di condividere le preoccupazioni di Enrico Letta e di Eugenio Scalfari («La Repubblica», domenica 3 novembre) circa il pericolo che il prossimo parlamento europeo veda una forte presenza di forze anti-euro, il cui «segno dominante» sarebbe populista e di destra.

Negligentemente, la Carlini trascura l’esistenza di forze non irrilevanti […], non certo tenere con l’Europa […, ma non di destra], mentre assimila il M5S alle forze populiste e di destra. Peraltro, Grillo ha sui temi europei piú di una confusione, basti leggere un suo recente post Draghi mago Silvan. Dal 4 novembre i «cittadini» del M5S hanno, però, lodevolmente cominciato una serie di audizioni parlamentari, aperte a tutti, con economisti di vario orientamento per capire di piú. Nel nostro paese c’è inoltre una galassia di forze anti-euro, che non ha connotati di destra.

Gli economisti italiani piú solidamente eterodossi e di sinistra, sebbene non unanimi sulle scelte da compiere, si illudono assai poco su una svolta delle politiche europee, in quanto queste non sono frutto di mere sbandate ideologiche, ma riflettono interessi nazionali configgenti. [L’idea che] gli errori europei siano frutto di idee sbagliate iniettate in un corpo europeo sano e omogeneo è invece tipico di una sinistra italiana, che manca di consapevolezza circa i processi storico-economici che muovono la realtà.

A conferma di ciò la Carlini sottoscrive la tesi di Henning Meyer, direttore del «Social Europe Journal», per cui dalla crisi europea si uscirebbe con … «un salto in avanti della democrazia […,] dando un governo democratico all’Europa».

Ma le vedete voi Germania e Francia cedere sovranità nazionale nella direzione auspicata da Meyer-Carlini? E per quali ragioni la Germania dovrebbe lasciar decidere a 300 milioni di europei la destinazione dei propri quattrini, e la Francia dovrebbe rinunciare a un’indipendenza nazionale di cui è, giustamente, gelosa?

Le linee editoriali del «Social Europe Journal» – al pari di «Sbilanciamoci» – sono entrambi portatrici di “buoni sentimenti” europeisti, che non solo non ci portano da nessuna parte, ma finiscono per fare il gioco delle forze reazionarie, siano esse al governo o [siano costituite dai …] movimenti anti-europei di destra.

È sbagliato bollare come populista e di destra l’emergere anche nel nostro paese di forze anti-europeiste, da non confondersi con anti-europee. [Essere] anti-europeista significa smetterla con le fantasie, con l’Europa “ideale” della Carlini. Non essere anti-europei significa voler preservare i molti elementi sani della costruzione europea, che tutti auspichiamo prosegua, sebbene in maniera radicalmente diversa. Sul «Corriere della Sera» (4 novembre) Angelo Panebianco, bacchettando Scalfari, giunge a considerare “salutare” l’anti-europeismo, se serve a smuovere le acque.

[…] Tuttavia, noi riteniamo che essere anti-europeisti, sebbene non anti-europei, significa avere chiaro che l’euro è un muro su cui si sbatte la democrazia politica e sociale, che la Carlini vorrebbe tanto estendere. E in ciò gli anti-europeisti sono eredi della grande tradizione intellettuale [… che denuncia] i pericoli delle unificazioni monetarie, consapevole della necessità di preservare la flessibilità dei cambi, oltre che del controllo dei movimenti di capitale, per assicurare la possibilità nazionale di politiche di piena occupazione. Ricerca economica di prima qualità ha recentemente ribadito l’incompatibilità di rigidi sistemi di cambio fissi con la piena occupazione, la democrazia e persino la stabilità finanziaria. […]

Le forze anti-europeiste non mancano di proposte per cui un’«Europa monetaria diversa» sarebbe, in via teorica, possibile (basti qui rimandare all’e-book Oltre l’austerità).

Ma come ci si può illudere quando […,] con insolente ipocrisia, la reazione dei tedeschi alle critiche che il Tesoro americano ha mosso agli abnormi surplus commerciali di Berlino è che questi si sono quasi annullati nei confronti dei paesi dell’Europa periferica – dimenticando che ciò è accaduto per il crollo del nostro tenore di vita e per tassi di disoccupazione abnormi. Oppure quando due economisti italiani, Padoan e Buti […], rispettivamente a capo della ricerca economica presso Ocse e presso la Commissione europea [… e ora Padoan è ministro dell’Economia, n.d.r.], dopo aver difeso d’ufficio le politiche di austerità, chiosano alla fine che il riaggiustamento richiede «un’inflazione piú alta nei paesi dell’Eurozona in surplus». Come diceva Voltaire […], “un incantesimo può uccidere un gregge di pecore, … basta aggiungere un po’ d’arsenico”. Chissà se ai due economisti è venuto da ridere suggerendo alla Germania di bere l’arsenico di un’inflazione relativamente piú elevata?

Allora è il realismo che ci suggerisce di assumere delle posizioni piú dure per la salvezza del nostro paese. Con queste posizioni piú dure si deve andare a trattare in Europa, dove non si prevarrà con i buoni sentimenti o il generico (e fuorviante) “piú democrazia”.

Solo se nel paese monta un sentimento popolare anti-europeista, vale a dire contro l’Europa a tutti i costi, potremo sperare in governi meno servili che ci tutelino. Suscitarlo può solo far del bene a noi e all’Europa. Se la sinistra persevererà nel considerare l’europeismo come la propria “linea del Piave”, non avrà fatto né i propri interessi né, soprattutto, quelli del paese – il quale non se lo dimenticherà.

Da «Micromega», novembre 2013

Sergio Cesaratto

Lascio un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.