Nea Polis

DA LETTA A RENZI

Il governo Letta – ci informano i media in un coro pressoché univoco – ha i giorni contati. Lo stesso Napolitano, suo ideatore e sponsor, pur senza entusiasmo, anzi, e probabilmente, con rassegnazione, si arrenderebbe all’inevitabile, se questo risultasse davvero tale. Si sprecano gli scenari sulle possibili scelte, preferenze, mosse di questi e di quelli, pro e contro che suggerirebbero, da un lato, e sconsiglierebbero, dall’altro, Matteo Renzi a spodestare Enrico Letta. Lasciamo queste speculazioni ai cultori della fantapolitica la realtà rivelerà il finale della telenovela a scadenze prevedibilmente ravvicinate – e chiediamoci invece se e in quale direzione cambierà alcunché.

Abbandoniamo ancora una volta il campo delle ipotesi e vediamo quali sono le forze che si spendono per il conseguimento di questo obiettivo: perché è fin troppo ovvio che Matteo Renzi non si è levato una mattina deciso a scalare improvvisamente palazzo Chigi, dopo aver fatto chiaramente capire e detto piú volte che era contrario alle «larghe intese» e avrebbe ricoperto quella carica solo in virtú di un’investitura elettorale e non per manovre di palazzo. Ora, considerato che lo stesso Pd – visto nella sua totalità non è precisamente impegnato a cantare all’unisono un inno pro Renzi, qual è il retroterra, quali le forze in gioco che auspicano una discesa in campo del “rottamatore”? «Il Foglio» pubblica, in un articolo in prima pagina, un elenco che – nell’insieme – ha tutti i crismi dell’attendibilità e il pregio di essere illuminante in proposito: I potenti che spingono Renzi a rottamare Letta (C. Cerasa, «Il Foglio», 06.02.2014). Se ne riportano alcuni stralci.

[…] Se è vero che Matteo Renzi osserva il panorama politico con lo stesso sguardo di un surfista che non vede l’ora di poggiare la tavoletta su un’onda molto alta che potrebbe travolgere, sí, alcuni bagnanti (ciao, Enrico) ma che potrebbe, forse, lanciare con rapidità il surfista verso un orizzonte di successo, […] si può dire che il vento che soffia con maggiore forza sulla superficie dell’acqua, e che rischia appunto di travolgere alcuni bagnanti, […] è generato dallo scontro tra una serie di correnti che hanno un nome preciso e che si ritrovano sotto la categoria di una particolarissima massa d’aria che ha improvvisamente cambiato direzione e che potremmo inquadrare con una definizione semplice: l’establishment. L’onda al momento è appena visibile ed è solo una increspatura che si intravede laggiú sul confine fra il cielo e il mare. Ma piú passano i giorni, piú il governo va avanti, piú Renzi mostra la punta della sua tavoletta, e piú i volti che compongono questa particolarissima massa d’aria prendono coraggio, gonfiano le guance e iniziano a soffiare. E se mettete accanto i volti che – chi piú, chi meno – hanno cominciato a soffiare si può capire perché il vento in questione non è un vento come tutti gli altri. Prendete fiato: Mario Greco (numero uno di Generali), Diego Della Valle (capo della Tod’s, azionista di Rcs e Generali), Alberto Nagel (A.d. di Mediobanca), Jacopo Mazzei (presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo), Gian Maria Gros-Pietro (presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo), Giorgio Squinzi (presidente di Confindustria), Marco Tronchetti Provera (presidente di Pirelli, vicepresidente del Cda di Mediobanca), Gianfelice Rocca (Assolombarda), Lorenzo Bini – Smaghi (presidente di Snam), Renato Pagliaro ( presidente di Mediobanca), Francesco Gaetano Caltagirone ( presidente del gruppo omonimo ed editore del Messaggero), Fabrizio Palenzona ( vicepresidente di Unicredit), Andrea Guerra ( ad di Luxottica) e ovviamente Carlo De Benedetti ( editore del gruppo «Espresso»).

L’atteggiamento di questi “lorsignori” sarebbe motivato – secondo il giornalista – dalla considerazione che, pur non essendo il governo Letta il male peggiore, non sarebbe comunque in grado di

far viaggiare il paese alla giusta velocità di crociera [… e che quindi sarebbe] arrivato il momento di […] puntare sull’unico politico che potrebbe […] far cambiare rotta all’Italia: Renzi. [… Con alcuni di costoro il rapporto sarebbe mediato da] amici di Marco Carrai e Alberto Bianchi, entrambi punti di riferimento del Rottamatore nel mondo dell’establishment (il primo [… tra l’altro] è consigliere dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, quarto azionista di Intesa Sanpaolo, il secondo è il tesoriere della fondazione Big Bang di Renzi e fratello di Francesco Bianchi, capo del Maggio musicale, ex direttore responsabile dello sviluppo strategico di banca Intesa ( fino al 2011 consigliere nel Cda di Banca Popolare di Milano).

Con molti altri prosegue l’articolo – il rapporto sarebbe invece diretto: la richiesta di «premere il tasto finish» Renzi l’avrebbe ricevuta personalmente dagli interessati. Valgano gli esempi di De Benedetti, di Della Valle, che – superate le tempeste iniziali del rapporto con Renzi – si starebbe adoperando per organizzare negli uffici della Tod’s a Milano pranzi per mettere il sindaco di Firenze a contatto con osservatori stranieri; tra i fans del sindaco figurerebbe anche Mazzei, ora ai vertici di Intesa, già presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, dove la figlia di questo signore è recentemente convolata a nozze con Bruno Scaroni, figlio dell’A.d. dell’Eni.

Coincidenze? Malignità? Gossip? Vedremo. Per ora, pare assodato il permanere di qualche voce fuori dal coro, secondo la quale un cambio di guardia a palazzo Chigi sarebbe un azzardo – concede il giornalista –, ma, benché influenti, tali voci sembrano essere pochine. A sostenere Letta sarebbero rimasti Federico Ghizzoni, A.d. di Unicredit, Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e, piú sommessamente, Giovanni Bazoli, capo di Intesa Sanpaolo, banca in cui comincia però a diffondersi un’insofferenza per quello che è sempre piú percepito come l’immobilismo del governo Letta: Gros-Pietro, per esempio, che non è solo presidente del consiglio di gestione della banca stessa, ma anche consigliere Fiat. Dove, nonostante un certo disincanto nei confronti di Renzi, dato che Letta non sarebbe percepito come ostile all’operazione Fiat-Chrysler di Marchionne, non mancherebbero gli sponsor: valga per tutti Paolo Fresco, nel 2013 finanziatore con 50.000 euro della Fondazione «Big Bang» di Renzi. Il quale, per ora, sta a guardare – sostiene il giornalista. Vuole capire quando arriverà il momento opportuno per cavalcare l’onda offertagli dall’establishment e liquidare definitivamente Letta.

 

Ho riportato ampi stralci – testualmente o in sintesi – per illustrare puntualmente la tesi sostenuta dal giornale. Ci sarà chi sostiene – e saranno probabilmente parecchi – che è chiaro da sempre da che parte batte il cuore di Renzi: vero. Il quadro che emerge da questo articolo – a mio parere molto documentato – mi sembra comunque inquietante per la dimensione del coro e l’univocità dell’area di provenienza. E speriamo di non dover ascoltare una volta di piú la solita stucchevole litania:“si tratta di notizie inaffidabili perché tendenziose diffuse da un giornale di parte”. Vero è piuttosto che Renzi vuole vincere e verosimilmente vincerà con il sostegno dei cosiddetti «poteri forti». Ma anche piú inquietante è la constatazione che non ci sarà un’opposizione alla sua politica, tutt’altro! Perché al Pd interessa vincere Berlusconi a ogni costo e Renzi pare l’uomo giusto: non importa con quali finalità si voglia vincere. E la domanda “per fare che?”. Ma è superflua, inopportuna, fuorviante, anzi decisamente provocatoria: non è forse il Pd il grande partito cui stanno a cuore la sorte dell’Italia, la condizione di vita dei cittadini, le sorti della democrazia?

Il Pd continuerà, dunque, a suonare compatto a questo punto ci possiamo scommettere la grancassa a favore di Renzi e, dunque, dell’establishment che lo sostiene, recitando il ruolo da servo sciocco, di cui ancora una volta non mancherà di dare prova.

A meno che … un qualche imprevisto, una variabile indipendente, porti alla vittoria Forza Italia ipotesi non del tutto stravagante, dato che tutti i sondaggi danno Pd e Fi a un soffio dal traguardo finale e, forse, senza ballottaggio. E, nonostante tutte le riserve che si possono avere nei confronti dei sondaggi, sembra che questa volta siano attendibili. Lo scenario, comunque, non cambierebbe, perché siamo ormai entrati, ahimè pare definitivamente, in un sistema dove i due contendenti sono l’uno l’interfaccia dell’altro: un Giano bifronte, in chiave contemporanea. Altro che “ultima occasione per il Pd”, come blaterano tanti militonti (non è un refuso, ma una definizione) in buona- e mala- fede: il treno è già partito e procede a velocità supersonica … verso il precipizio.

Dato che è, a sua volta, un dato di fatto che i residui “sinistri” da Sel agli altri , pur con vari verbalismi di fiere critiche, costituiscono solo l’“opposizione del re”, ossia sono soltanto una “costola esterna” del Pd (e se i “sinistri” militonti [di nuovo, non è un refuso, ma una definizione] residui non l’hanno ancora capito, non ci si può far niente), rimane unicamente la seguente domanda: riuscirà ad avere un qualche spazio – in questo scenario – il M5S? E quale ruolo vi potrà eventualmente svolgere, magari nel tentativo di inceppare tale corsa verso il baratro?

Firenze, 10 febbraio 2014

CB

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