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Date a cesare quel che è di cesare

Per chi ne abbia qualche interesse o sia, anche solo un po’, incuriosito:

Esiste nel linguaggio corrente una frase, un modo di dire, un luogo comune, che recita: “date a Cesare quel che è di Cesare“. Ha il senso di rendere merito, di riconoscere una giusta decisione, un giusto comportamento, un’azione giusta; la ritroviamo nei più diversi campi di interesse e discussione, soprattutto relativo a chi, in campo politico, economico, culturale, amministrativo, sportivo e così via, ha commesso, o pareva aver commesso, errori, nefandezze, leggerezze; ma che, si scopre quasi ad un tratto, aver fatto cose notevoli o importanti, che solo oggi si riescono a ben inquadrare.

L’origine di tale frase, è ben noto, sta nei vangeli sinottici (Marco 12, 13-17, Luca 20, 20-26,  Matteo 22, 15.22) nei quali si attribuisce a Gesù questa risposta, in seguito alla domanda, in sostanza, se sia lecito o no pagare le tasse all’invasore romano. Qui già la frase si dimostra una riformulazione, poiché i vangeli, nella loro traduzione dal greco (corretta) scrivono: “rendete a Cesare quello che è di Cesare“, e non è differenza di poco conto. Se poi si inquadra bene tutto il contesto, la frase assume un significato che risulta completamente diverso da quanto sia stato espresso e, soprattutto, insegnato nei secoli:Yehoshua (Gesù, traduzione scorretta e fuorviante, in realtà Giosuè, come tutti gli altri Yehoshua della storia ebraica, a partire dall’erede di Mosè al comando delle tribù di Israele [MosèMosis, erede, nell’antico Egitto, si ricordi Thutmosis, erede di Toth; la lingua ebraica ancora non esisteva]), Yehoshua, dicevo, se è esistito – giacché reali prove storichenon ce ne sono – era un rabbino predicatore messianista. 
Il messia era il mashiach, vale a dire l’unto, derivato da messeh, l’unto dell’antico Egitto, poi trasposto nelkrystos, l’unto greco: il messia ebraico – ce ne sono stati tanti così identificati, sia prima che durante e dopo Gesù, perfino un non ebreo, Ciro di Persia, che liberò (?) gli ebrei da Babilonia – aveva un solo scopo: liberarli dal giogo straniero. 
L’immagine e il concetto del Cristo che ci sono tradizionalmente noti, non hanno, e non hanno mai avuto, niente a che vedere col messia ebraico, il liberatore, il comandante in capo di una guerra di liberazione; però il messia si sarebbe rivelato davvero tale solo se avesse vinto, cosa mai accaduta, e questo è il motivo per cui ancora in tanti lo aspettano.

Ebbene, il nostro Gesù con: “non sono venuto a portare pace, ma una spada“, “sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.“, “chi non ha una spada, venda il mantello e ne compri una“, nella sostanza lancia il messaggio dei rivoltosi per eccellenza, gli zeloti, chiamati anche sicari (Giuda iscariota, il sicariota, la sica era il pugnale con cui sgozzavano il nemico prendendolo alle spalle; non “uomo di Kariot“, o i fantasiosi “colui che serve” o “colui che sa” dal persiano; in aramaico iskariot e assassino zelota erano equivalenti), nazirei (o nazareni, è la stessa), forse galilei e, nel greco dei vangeli, kakourgoi(banditi, ma nel senso dell‘achtung banditi riferito ai partigiani). 
Ad arrestarlo fu inviata una speiran, tradotto con folla, o turba di gente; al che ci si immagina un piccolo corteo (una trentina) di contadini, artigiani, bottegai con forconi e bastoni, incazzati neri: speiranè una coorte, la decima parte di una legione, 600 soldati armati fino ai denti, distaccati allo scopo da Gerusalemme durante la settimana di Pasqua, quando la città era piena di pellegrini (sembra arrivassero in centomila), con tutti i problemi di ordine pubblico che ne conseguivano. E la guardia del corpo, la roccia, Pietro, sguaina la spada e stacca l’orecchio all’inviato del sommo sacerdote. 
Infine, “con lui crocifissero anche due ladroni“; questa non è una traduzione sbagliata o scorretta: è falsa. In greco: eteroi duo kakourgoialtri due banditi, malfattori (partigiani antiromani, ribelli). Ossia, lui e altri due.
Ecco che, in questo contesto, torniamo all’inizio e al modo di dire e ne scopriamo il significato del tutto diverso: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare“, ovvero restituite la moneta dell’oppressore all’oppressore e noi battiamo la nostra.
Piuttosto attuale, no?

SP

1 Commento

  1. mario

    Il liberal-progressismo censura il Natale (in alcune scuole …) per «la festa delle feste». Ora, apprezzo l’antica festività del Dies Solis, situata sui piú antichi Saturnalia (in onore della mitica «età dell’oro» di Saturno) e assunta nell’Impero romano, piú tardi con la soprammessa impronta dalla mitologia nordica, l’albero adornato e Babbo Natale (=riduzione di Odino); non apprezzo l’appiccicata nascita di un inventato Gesú, e poi la paccottiglia di presepe e pupazzini. Ma tale decisione “per non offendere, includere” è indecente. Ci risiamo a calarsi le brache di fronte agli islamici, a ormai invalso discapito degli italiani (per me basterebbe per licenziare in tronco quelle direzioni e gestioni scolastiche). E il dirigente (cardinale) della Chiesa a Firenze, Betori, dà il terreno della Curia (quante proprietà immobiliari ha la Chiesa?) a Sesto Fior. all’imam Elzir & islamici (che scoppiano di soldi) per costruire la moschea, insieme a un «centro» cattolico. Betori in liberalismo scavalca sindaco e Pd fiorentini (ma lui non ha problemi elettorali …) e, nel contempo, avanza sulla via di Bergoglio: Chiesa e Islam «unititi nella lotta» … contro intelligenza, dignità, nostra realtà antropica (come da sempre questa sciagura dell’umanità). Ed Elzir, «se gli dai un dito vuole anche il braccio»: proclama “sí alla moschea a Sesto, ma la voglio anche a Firenze” (io, che non sono liberale, sono, penso il solo, oltre che per abolire l’art. 7 della Costituzione, per il divieto di Islam in Italia). In tale “clima” (deteriorato, peggio del «cambiamento climatico») è utile l’intervento di Stefano, a chiarire chi fosse il giudaico presunto Gesú o chi per lui.

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