In un lungo e importante articolo su «Le monde diplomatique» (marzo 2014) Etienne Balibar si interroga sull’«Europa». È ora di farla finita con l’Unione dei tecnocrati e dei banchieri, afferma, e si diffonde sulle scelte portate avanti sotto l’egida della Germania: il modello neoliberista applicato all’Europa non tende alla sua trasformazione, ma alla sua scomparsa (in quanto Europa).
Dobbiamo prendere atto che il sistema politico europeo [… è] meno democratico di quanto affermi di essere, in quanto la divisione dei poteri tra le istanze comunitarie nazionali consente a ciascuno di loro di organizzare la propria irresponsabilità e blocca la formazione dei contropoteri. […] Di fronte alle iniziative «straordinarie» della Banca centrale europea (Bce) e del suo presidente, governi e capi di Stato hanno potuto presentarsi come incarnazione unica della sovranità popolare e dei diritti decisionali dei popoli. La democrazia è stata corrosa da entrambi i lati, contemporaneamente …
Come si è arrivati a tanto? Dobbiamo risalire
ai meccanismi e alle cause storiche su cui si è basato il privilegio degli Stati-nazione in materia di legittimazione del potere. [… Ma] un altro fattore acquista significato strategico, in quanto mostra al contempo perché la forma nazione non ha una capacità di legittimazione assoluta e perché la legittimità democratica dello Stato-nazione rimane appesa a condizioni sociali ed economiche, e non semplicemente alle forme della procedura rappresentativa o all’idea di «sovranità popolare» […]. Questo spiega sia perché la maggioranza dei cittadini ha visto nella nazione l’unico quadro di riconoscimento e di inclusione nella comunità, e perché questa dimensione civica della nazionalità si eroda […] quando la Stato comincia a funzionare, nei fatti, non come […] involucro della cittadinanza sociale, ma […] spettatore impotente della sua degradazione o […] strumento zelante della sua decostruzione. [… La] legittimità dell’integrazione europea non può essere decretata o inventata per mezzo di un’argomentazione giuridica. Può solo risultare […] dal fatto che l’Europa diventi la posta in gioco e il quadro di conflitti sociali, […] delle passioni, insomma politici, che riguardano il proprio avvenire. Paradossalmente, è quando l’Europa sarà contestata – anche violentemente – non piú in nome del passato che ha prodotto, ma in nome del presente che essa divide e del futuro che essa può aprire o chiudere, che diventerà una costruzione politica stabile. [… Un’]Europa democratica non è l’espressione di un demos astratto: è un’Europa in cui le lotte popolari si uniscono e impediscono la confisca del potere di decisione.
E ancora:
resistere alla sottrazione di democrazia […] è una condizione necessaria per “rifare” l’Europa. […] Quel che l’ha [l’Europa, n.d.r.] fatta precipitare è che si è messa a funzionare deliberatamente non come uno spazio di solidarietà tra i suoi membri e di iniziativa di fronte ai rischi della globalizzazione, ma come […] strumento di penetrazione della concorrenza mondiale al cuore dello spazio europeo, impedendo il transito tra i territori e scoraggiando le imprese comuni, respingendo qualsiasi armonizzazione “dall’alto” dei diritti e dei livelli di vita, rendendo ogni Stato il potenziale predatore dei suoi vicini. […] Da questa spirale distruttiva […] possiamo venirne fuori solo attraverso l’invenzione e la proposta ostinata di un’altra Europa diversa da quella dei banchieri, dei tecnocrati e dei rentier della politica. Un’Europa […] in grado di inventare per se stessa e di proporre al mondo strategie di sviluppo rivoluzionarie e forme allargate di partecipazione collettiva, ma anche di accoglierle e di adattarle a proprio beneficio qualora fossero proposte altrove. Un’Europa dei popoli, ovvero del popolo e dei cittadini che lo compongono.
Senz’altro importanti e interessanti l’analisi e la denuncia di Balibar. Solo che … non porta a termine quanto dice. Afferma che solo «quando l’Europa sarà contestata – anche violentemente – […] diventerà una costruzione politica stabile» e che da «questa spirale distruttiva […] possiamo venirne fuori solo attraverso l’invenzione e la proposta ostinata di un’altra Europa». Ma non rileva forse è gli rimasto nel “non-detto”, per cui lo si dice qui che questa, e solo questa, è l’Europa presente, ossia l’Ue, e che «un’altra Europa» può essere costruita unicamente tramite la rottura dell’Unione (anti)europea.
CB