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IL PROBLEMA DELL’ARTE OGGI

Dalla presentazione di Ugo Barlozzetti all’inaugurazione di «Dall’idea al fare artistico» –

esposizione della classe di scultura dell’Accademia delle Arti del Disegno (Firenze, 18 marzo 2014).

 Questa esposizione, nel 450° anniversario della morte di Michelangelo Buonarroti e della fondazione dell’Accademia delle Arti del Disegno, testimonia la volontà di tener vivo il ruolo dell’Accademia stessa. Dopo che l’arte ha acquisito, nel corso del XX sec., un nuovo statuto, urge la verifica, nel rapporto con le trasformazioni determinatesi, del nesso tra comunicazioni di massa e democrazia, quindi tra etica ed estetica.

L’impatto delle tecnologie e il loro uso sta provocando un profondo mutamento dal punto di vista antropologico-culturale, come percezione e fruizione nella comunicazione e produzione dell’arte. Il rischio, rappresentato dal “sistema dell’arte”, è di essere attento a effimere apoteosi con improbabili protagonisti: conseguenza della crescente difficoltà di mettere in relazione la comunicazione di massa con il senso critico e, allo stesso tempo, il ruolo e la funzione dell’arte contemporanea nella vita non solo intellettuale, ma anche morale, per ciascuno di noi.

Si è assistito a un progressivo abbandono delle discipline storiche e soprattutto di quelle collegate con l’arte. Inversamente è aumentata una richiesta di informazione, “girata” in eventi incentrati sull’intrattenimento – la stessa “cultura dell’effimero” ne è un aspetto. La trasformazione della funzione delle tecniche della comunicazione visiva si è ribaltato, dalla centralità della committenza delle classi dirigenti e dominanti, nella centralità della speculazione – grazie a un bel collaudato, e inutilmente, denunciato “sistema” – e in superficiale e superfluo intrattenimento.

Tale atteggiamento, prevalente nella produzione contemporanea, ha contaminato il rapporto con le opere d’arte prodotte in precedenza. La riflessione sui 450 anni dalla morte di Michelangelo riguarda quella sui beni artistici come salvaguardia della cultura che abbiamo ereditato, e che dovremmo continuare a sviluppare per reagire alla disumanizzazione dell’arte. Nel 1925 Ortega y Gasset affrontò il problema alla luce del dibattito sulle avanguardie storiche con La deshumanización del Arte. La tematica è ancora pienamente verificabile e illuminante per le ricerche artistiche e letterarie contemporanee, cogliendo la centralità dell’etica nel fare artistico. Le tecniche della comunicazione visiva, la creatività, sono prioritariamente fondanti per una crescita civile e morale: la comunicazione estetica non può prescindere da quella etica.

L’Accademia delle Arti del Disegno nacque grazie al Vasari, che avviò, con le sue biografie, l’inserimento dell’arte nelle discipline storiche. La conoscenza della storia dell’arte, a partire dalla scuola, con spazi adeguati nella comunicazione di massa, è il principale fondamento per un futuro “a misura d’uomo”. Si tratta di ripercorrere in modo nuovo quella grande utopia di una “società estetica” che animò le avanguardie prima della Grande guerra. Oggi, troppo spesso, la «promozione» basata sull’indagine di mercato è riuscita a imporre soprattutto l’effimero e/o l’inesistente. Hans Belting, nella prefazione all’ed. italiana del suo Das Ende der Kunstgeschichte? del 1990, trad. La fine della storia dell’arte o la libertà dell’arte, scrisse:

il lettore italiano […] vive in un paese che possiamo tranquillamente chiamare la patria dell’arte […]. Il ruolo dell’arte nella cultura italiana è piuttosto diverso da quello che ha assunto in altre culture.

Sono passati 250 anni dalla Storia dell’arte nell’antichità di Johann J. Winckelmann, opera determinante per l’archeologia e lo sviluppo della storia dell’arte, con contributi sempre piú attenti all’influenza della filosofia. Il XX sec. ha finito per rendere autonomo il processo creativo, ma l’opera resta una realtà materiale: l’arte è solo “in concetto”, che è comunque “dentro” l’opera, e la sua fruizione muta nel tempo, proprio perché ne resta materialmente la testimonianza. E se ogni opera d’arte è il prodotto storico di un uomo storico, al tempo stesso l’opera è in grado, nella propria forma, di trascendere la propria storicità.

Oggi la tecnica assegna all’arte problemi ineludibili. La chiacchiera promozionale si è, da almeno mezzo secolo, travestita da analisi, giocando sull’equivoco e sul terrorismo ideologico. Effimere legittimazioni delle mode, gestite nell’ideologia globale del cosiddetto «libero mercato», sono la legittimazione della mercificazione dell’arte del passato come di quella contemporanea.

Il senso dell’esistenza dell’Accademia delle Arti del Disegno è la rivendicazione della centralità della dimensione etica del fare artistico. La X e la XI edizione di Documenta, a Kassel, tra il 1997 e il 2002, hanno puntato su delocalizzazione e decostruzione, come radicalità della contestazione al ruolo dell’Europa (per quel che può significare), dopo l’“invasione degli ultracorpi”, imposti dal mercato statunitense. La subalternità culturale accettata dall’Europa, e dal resto del pianeta, è la prova del dominio del potere sulla libertà dell’artista, rivendicata nel XIX sec. e poi teorizzata.

Ancora una volta gli artisti possono dimostrare che il re è nudo, ma sono forse troppo pochi quelli in grado di capirlo. Allora l’arte è impegno morale, anche sofferto, come ha testimoniato in tutta la propria esistenza e la propria opera, poco meno di mezzo millennio fa, Michelangelo Buonarroti.

 

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