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IL PROGRAMMA PERMANENTE DELLA/DELLE TV: LA PUBBLICITÀ

La massima parte degli italiani guarda la/le tv, tanto che l’85% delle persone si fanno le “loro opinioni” (“loro” per modo di dire) in base alla/alle tv (cosí dicono sondaggi e rilevazioni, che certo non sono “oggettivi” come si pretendono, ma indicativi lo sono). E la/le tv sono replete di … pubblicità, che alcuni subiscono con qualche irritazione, molti altri con pazienza, i piú con tranquilla rassegnazione assumendola come esigenza inevitabile, tanti perfino con interesse per questo o quello spot e/o prodotto pubblicizzato. In questo insieme di attitudini, si occulta la realtà di fondo. Che è questa: ilprogramma della/delle tv, 24 ore su 24 e 365 giorni su 365, è precisamente il flusso continuo di pubblicità, interrotto da spezzoni di programmi (siano questi tg, dibattiti, intrattenimenti, film, telefilm, documentari, etc.), che a loro volta uniscono alla generale pubblicità anche quella di ciò che faranno (invece di terminare di fare ciò che stanno facendo). È «il mercato», signore e signori! Ma «il mercato», composto di un complesso di «mercati», è un momento organico (la circolazione) del ciclo dell’economia politica (dopo la produzione, la circolazione per la realizzazione del valore di scambio dei prodotti in quanto merci: vendita-acquisto in denaro). E «il mercato» richiede un costante “pompaggio” (dato il “problema degli “sbocchi”, dovuto alla costante tendenza alla sovrapproduzione), donde … la pubblicità, in cui si pone all’opera una mole di conoscenze applicate (dalle tecniche filmiche sempre piú sofisticate alla sociologia operativa e psicologia comportamentale) per condizionare agli acquisti. Perciò l’invasione deimedia, già la stampa, poi appunto la /le tv, con tanto di sviluppo-penetrazione in ampio corso e atto nella «rete». Con ulteriore superfetazione della produzione e del business nel campo della pubblicità e del suo specifico mercato, e con tanto di capitali investiti e di guadagni (che si aggiungono a quelli che le tv di Stato raccolgono con l’estorsione del canone obbligatorio), e di paghe scandalose per conduttori-intrattenitori (ossia, anche loro, televendoli).
Esito presente: l’assuefazione alla pubblicità (in radicamento da tempo: si ricordi il lontano referendum contro la pubblicità all’interno dei programmi, sconfitto perché la maggioranza diede retta ai vari “beniamini” dell’epoca che predicavano “non ci potrete piú vedere se …”), che, infatti, viene usata normalmente per le campagne politiche e soprattutto elettorali. Per cui ritengo siano ben pochi coloro che, come me, nell’utilizzo dei dati, informazioni, indicazioni (benché sempre da “vagliare”) che comunque vengono dalla/dalle tv pur nell’opera condotta di sostanziale stupidificazione e manipolazione, trovano specificamente insopportabile e intollerabile il flusso di fondo in cui si situano, la pubblicità. E vedono anche già con giusto sospetto tutti i siti della «rete» che sono prosperati e prosperano grazie alla pubblicità. Tanto che sostengo che la prima condizione (necessaria, benché insufficiente) da cogliere per individuare chi intenda “capirci qualcosa” è l’insofferenza verso questo programma permanente, invasivo, pandemico di fondo dei media nel loro complesso, della/delle tv in particolare: la pubblicità.

MM

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