Mentre, obbedendo al verdetto di Obama, imperversano gli anatemi dei media contro russi e russofili, senza un minimo di indagine seria e, per quanto possibile, imparziale, vediamo un documento del dipartimento della Difesa americano, di cui «il manifesto» (06.07.2014) cita ampi stralci, prima pubblicato dal sito globalresearch.com, un gruppo indipendente di ricerca canadese. Mentre Donetsk tornava sotto il controllo delle truppe di Kiev «per la loro schiacciante superiorità numerica», come dichiarava il premier dell’autoproclamata repubblica, l’esercito nazionale a guida Poroshenko si sarebbe mosso in base a un piano strategico made in Usa:
la Rand Corporation, un think tank [pensatoio o, piú elegantemente, comitato di esperti, n.d.r.] statunitense, finanziato dal dipartimento della Difesa (con oltre 1.000 ricercatori e sedi anche in Europa) avrebbe escogitato un piano in tre fasi, suggerito a Poroshenko per ottenere il pieno controllo sul paese. [… Primo passo] circondare le zone gestite dai ribelli, considerando tale chiunque non si pieghi al volere dell’esercito ucraino […;] secondo passo […] colpire i punti sensibili costringendo alla fuga i ribelli [… e creare] campi di prigionia, coprifuoco e, infine, […] l’esaltazione della gesta eroiche dei soldati dell’esercito nazionale e la chiusura della zona a qualsivoglia giornalista straniero.
Inoltre, andava indebolito l’oligarca Akhmetov, affinché la ricchezza mineraria delle aree orientali controllata da questo tycoon, passasse sotto il controllo di Poroshenko. Come procedere?
I […] blindati devono entrare nelle città […] mentre gli uomini armati devono aprire il fuoco contro le milizie di “terroristi”. Tutta la popolazione maschile delle città conquistate deve essere evacuata in speciali campi ad hoc. [… Tali] campi-prigioni sono importanti perché dovranno accogliere soprattutto i rappresentanti dei ribelli piú ideologizzati. Internet e telefoni devono essere disabilitati e viene suggerita l’imposizione del coprifuoco. È necessario ripristinare le normali condizioni di vita, rafforzare i confini con la Russia e fare ritornare i profughi. Invece, per i terroristi macchiatisi di crimini, bisognerà provvedere a confiscare i beni.
Tutto pare andare in questa direzione, commenta il giornale, sottolineando come Putin non sembri particolarmente interessato alle sorti delle aree orientali dell’Ucraina: il suo scopo l’avrebbe già ottenuto con quanto è avvenuto in Crimea, mentre si sarebbe evidenziata l’inadeguatezza dell’Ue e il palesarsi della presenza Usa, e mentre le popolazioni di quelle regioni – cui sembra preclusa ogni prospettiva – sprofondano nella disperazione.
A parte la responsabilità dell’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines in rotta per Kuala Lumpur – evento gravissimo per la strage di civili, e su cui si è aperto un battage propagandistico senza esclusione di colpi, oltre alle forti tensioni internazionali – quale interesse ha l’Europa «a incoraggiare Kiev a spostare il suo asse verso Ovest»? Cosí, dice «Il Fatto Quotidiano» (02.07.2014),
l’Europa ha contribuito a innescare una transizione politica dal futuro incerto. Conseguenza immediata e certa però è stata una nuova disputa sul gas tra Mosca e Kiev che la Ue fatica a gestire e che minaccia la sua stessa sicurezza energetica. […] Nella partita con Mosca, Bruxelles insiste inoltre nel mostrare una carta che non ha: la possibilità di rinunciare dall’oggi al domani al gas russo. […] È vero che col calo dei consumi degli ultimi anni […] una limitata interruzione dei flussi sarebbe gestibile. Ma tutt’altra cosa è pensare di fare di colpo a meno di 130 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Nessuna delle alternative ipotizzabili, infatti – dall’impostazione dagli Stati Uniti dello shale gas [quello estratto dalle rocce] alle forniture del Mar Caspio può coprire l’ammanco almeno nel medio termine. […] In conclusione, secondo il think tank Oxford Institute for Energency Studies, da un punto di vista puramente commerciale la scelta migliore per l’Ue sarebbe di sostenere «South Stream».
Che Bruxelles ora pare accettare con rassegnazione; lo ha sempre avversato, sostenendo il progetto alternativo «Nabucco», poi abbandonato. Dal crollo dell’Urss l’espansionismo Usa non ha smesso di traccheggiare per dilatare le proprie mire espansionistiche, mirando a fagocitare pezzi dell’ex potenza rivale. Ma, se questo dovrebbe chiaro anche a un cieco, quale convenienza può avere l’Europa per supportare in funzione ancillare questo disegno?
Unica risposta, che dovrebbe essere anch’essa evidente: l’accordo Usa-Stato germanico per la preminenza tedesca di area, la funzione di boxer Usa assunta da tempo dallo Stato britannico e piú di recente da quello francese, e la realtà dell’Ue come «organismo internazionale» sub longa manu statunitense.
CB