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L’AFFAIRE CARIGE

Passata la buriana elettorale e post-elettorale, torna agli onori (per modo di dire) della cronaca una questione relegata in coda ai tg o nelle ultime pagine dei giornali, per non distrarre o condizionare l’attenzione degli elettori dalle scelte nelle urne incombenti: si tratta dell’affaire Carige.

Già provati dallo scoppio della “bomba” Expo 2015, amplificato soprattutto da Grillo e dal M5S, paventato come risiko dagli effetti imprevedibili, i benpensanti nostrani, nonché tutto l’establishment cui i media hanno assicurato un efficace megafono, un po’ tutti insomma, hanno di buon grado “silenziato” la vicenda, che riaffiorano ora che non potranno piú alterare equilibri, almeno per il momento, definiti – anche se le reazioni all’incontro di Grillo con Farange nel M5S e nella “rete”, che i commenti dei media hanno alimentato ed evidenziato, conferiscono un’attenzione un po’ondivaga all’affaire, che si arricchisce via via di nuove puntate. In attesa di ulteriori sviluppi, che non mancheranno, vediamo quanto emerso finora, precisando che nel frattempo sono sfilati sulla passerella dei campioni del malaffare altre glorie cui sarà il caso di dedicare qualche attenzione in seguito. La vicenda è rilevante, perché evidenzia un ingarbugliato intreccio, in cui convergono interessi diversificati, uniti da un unico scopo: riempire il piú possibile le proprie tasche a danno della collettività, con la pretesa, è chiaro, dell’immunità assicurata dal ruolo e/o dal rango.

Ed ecco l’affaire Carige: Giovanni Berneschi, per anni patron della Carige, la banca di Genova, di cui è stato a lungo il presidente, è stato arrestato per aver accumulato qualcosa come 21 milioni di € grazie a immobili a prezzi gonfiati, che il Nostro aveva rifilato alla banca. Berneschi è anche il vicepresidente dell’Abi, la Confindustria delle banche, e la Carige è la quinta banca italiana per capitalizzazione. Con lui sono state arrestate altre sei persone, tra cui l’ex amministratore di Carige Vita Nuova, Fernando Menconi, la nuora di Berneschi Francesca Amisano, un avvocato svizzero, un imprenditore, un commercialista e infine un imprenditore immobiliare milanese, già agli arresti domiciliari per altri “affari,” con l’accusa di associazione a delinquere a fini di truffa e riciclaggio.

Potente personaggio del mondo delle banche, il Nostro aveva amici ben piazzati: in politica – rigorosamente bipartisan – e in Vaticano. Mentre la Carige veniva spennata come un pollo, la plusvalenze finivano su conti stranieri e impiegate, come risulta, in operazioni finanziarie e immobiliari.

«Il Fatto» (23.05.2014) riporta alcuni esempi di tali operazioni sulla base di informazioni filtrate dall’inchiesta. Dalla Lega a Carige agli affari del Porto: una classe dirigente che ha divorato la città e la Liguria tutta  recita il sottotitolo di un articolo del «Fatto» in altra data. Difficile dargli torto, in una regione dove la disoccupazione si aggira sul 8,6 % (ma quella giovanile e dei cinquantenni va oltre il 20%) e in un contesto in cui, dalla caduta del Muro in poi, Claudio Scajola e Claudio Burlando sul versante di ponente, Luigi Grillo su quello di levante, hanno fatto la pioggia e il bel tempo – insieme a Giovanni Berneschi. Vi sono poi la Lega di Belsito, l’Idv, l’Udc: prosegue, infatti, l’inchiesta sui rimborsi elettorali che coinvolge circa la metà del Consiglio regionale.

Burlando, intervistato da «L’Unità» qualche giorno innanzi, afferma che va estirpato il malaffare e il consociativismo. Proprio lui, che del consociativismo ha fatto una bandiera, forte di una maggioranza che, partendo da Casini, comprendeva tutta l’area della cosiddetta sinistra, senza che il Pdl facesse opposizione: tanto che qualcuno parla del «patto dei due Claudio», appunto Burlando e Scajola. Infatti, pare che nella congerie politica di Burlando facessero bella mostra di sé “cavalli” e imprenditori legati alla destra, padroni e sindacati, né potevano mancare dirigenti delle Asl e di società pubbliche di nomina della Regione: tutti associati nel fare i loro interessi.

Di Scajola, che allungava i tentacoli in ogni direzione, si è parlato abbastanza perché si sia un po’ edotti del suo ruolo. Forse meno si è detto di Luigi Grillo, figura di peso in tutte le banche della Liguria, non solo nella Cassa di Risparmio di La Spezia o di Carige, ma collegato in qualche modo anche a Gianpiero Fiorani – già distintosi in tempi non lontani come uno dei “furbetti” – attraverso la Popolare di Lodi, proprietaria del Banco di Chiavari. Né va dimenticato che Luigi Grillo era amico di Antonio Fazio (a sua volta “attenzionato” dalla magistratura e dalla cronaca) e di Bankitalia.

«Sono fatti che ci rattristano» è il compunto commento del cardinal Bagnasco. Ma, andrebbe aggiunto, su cui va fatta molta chiarezza. Per esempio, sull’acquisto da parte dello Ior di 100 milioni di «bond Carige», poi rivenduti; sulla presenza per anni di emissari della Curia e dell’Opus Dei ai vertici della Carige; sui 90.000 € Carige serviti all’acquisto di paramenti per alti prelati; sul fatto che un protetto dei cardinali genovesi, Marco Simeon, si occupasse, appena neolaureato, di amministrare l’ingentissimo patrimonio immobiliare della Curia, per passare poi alla Carige e in seguito al ruolo di “ambasciatore” di Cesare Geronzi in Vaticano, concludendo la rampante parabola in Rai.

Nessuno, proprio nessuno, può chiamarsi fuori. Tantomeno il centrosinistra, che ha utilizzato la banca come collocamento di “trombati” in politica, che ha acconsentito ad accogliere in Carige (già allora in difficoltà) l’“inezia” di 130 milioni di € rifilati dal Monte dei Paschi, che non menziona il fatto che Berneschi fosse il vice presidente dell’Abi (Associazione bancaria italiana) con Giuseppe Mussari, uomo vicino al Pd e già “noto” per le vicende connesse al Monte dei Paschi.

Perché non è intervenuta la magistratura, in altre circostanze attenta a corruttele di ogni tipo? Pare che qualcuno ci avesse provato, senza successo, perché “stoppato” da chi stava piu in alto: il capo dei Gip (giudice per le indagini preliminari) Fucina, che possedeva una squadra di volley sponsorizzata da Carige. E, analizzando le sponsorizzazioni, paiono emergere vari nomi di finanzieri soci di Carige, nonché amici di Massimo D’Alema e di Claudio Burlando: quelli che si fregiavano di “entrature” con i vertici della Procura e della Corte di Appello.

Il “là” sembra sia da attribuire al cemento, per interventi relativi al porto di Imperia, terra di Scajola, con la benedizione di Burlando: il tutto finito in tribunale, con 80 milioni di € di danni per le casse dello Stato. Altre operazioni immobiliari sarebbero state progettate da Vittorio Grattarola, già assessore di Burlando e realizzate, tra gli altri, da tal Andrea Nucera (latitante). Anche la realizzazione del megaporticciolo della Marinella rimanda al Monte dei Paschi, nel cui Cda sedeva l’ex cassiere di Burlando. E varie operazioni di bonifica pare siano state una benedizione per la ’Ndrangheta: tanto per non farsi mancar nulla.

Cambierà qualcosa nell’immediato futuro? Non risulta. Il neosindaco a Imperia, in quota centrosinistra, ha l’avallo dell’ex sindaco, legato a Scajola. A Genova, Marco Doria si tiene fuori dal giro senza metterlo in discussione, anzi preferisce attribuire il tutto a una montatura giornalistica. «Il Fatto» informa che il Pd gli avrebbe prudentemente messo ai fianchi un cane da guardia nella persona di Stefano Bernini, vicesindaco con delega all’urbanistica, sostenitore delle mega-operazioni immobiliari, di cui talune realizzate dalle Coop – e finanziate da Carige.

Pare che il gattopardesco «cambiare tutto perché nulla cambi» sia il faro dei “responsabili” delle sorti della Liguria. Né occorre scomodare Mafia & Co. per capire che l’omertà, il codice d’“onore” della criminalità organizzata, è entrata dalla porta principale nelle stanze del potere ligure.

CB

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