La crescente dipendenza quotidiana verso le differenti protesi tecnologiche (dall’ingegneria genetica ai nuovi sistemi di comunicazione) che il mercato mondiale non cessa di concepire e di imporre agli individui moderni (processo storico che contribuisce, in gran parte, a spiegare la fragilità sistemica di questo mercato – perché un’interdipendenza generalizzata favorisce, per definizione, tutte le reazioni a catena) ha anche condotto Peter Sloterdijk (L’ora del crimine e il tempo dell’opera d’arte, Parigi, Calmann-Lévy, 2000) – con il suo abituale senso della provocazione – a prendere gli invalidi di oggi (la cui autonomia è ridotta per definizione) come i veri «precursori dell’uomo di domani» (P. Sloterdijk, op. cit., p. 72). Di fatto, sono già numerosi coloro – fra i fedeli della cybercultura «trans-umanistica» […] – che gioiscono di questa annunciata mutazione antropologica e della vita sotto “performazione” tecnologica che promette al genere umano. È l’occasione per ricordare qui che la logica liberale – che si fondava, all’inizio, sull’idea di buon senso di dover considerare gli uomini «per quelli che sono» – deve sempre finire a riprendere per proprio conto (nel quadro di una qualunque teoria dell’«adattamento necessario» alle «evoluzioni ineluttabili») le vecchie mitologie paoliniane [risalenti a quanto è attribuito a Saul poi Paulus, detto e noto in ecclesiasticis come san Paolo, n.d.r.] dell’uomo nuovo. L’industria della pubblicità non è stata, da questo punto di vista, che il primo passo liberale nella deliberata fabbricazione di un uomo interamente rimodellato in funzione delle sole esigenze del Mercato e del «governo democratico mondiale» […][1].
[1] J.-Cl. Michéa, Les mystères de la gauche, Paris, Flammarion, 20142, Scolio I, , pp. 81-82 [corsivi dell’autore; trad. it. di M. Monforte].
