Nea Polis

MOLTO RUMORE PER … TANTO

Tocca scomodare Gramsci a fronte degli arroganti “onorevoli” autoreferenziali assisi in parlamento, dei loro ossequienti nonché acritici galoppini ,che affollano tutte le formazioni piú o meno “storiche” del firmamento politico nostrano, dei media, opportunisticamente distratti, quando non conniventi per ovvie e remunerative ragioni di convenienza – dato che spesso e volentieri sono «a libro paga», in senso proprio e lato – di “lor signori”. Tocca, dunque, scomodare Gramsci persona di raro profilo di dignità e di coerenza, che, nella storia della sinistra italiana e, vorrei dire, nella storia dell’Italia piú in generale (mentre oggi è diventato uno sport professato dai piú quello di dichiararsi antifascisti), ebbe un rilievo certo non secondario e rifiutò, benché malato, di inoltrare domanda di grazia al fascismo, che lo aveva sbattuto in galera, affinché le proprie idee non venissero strumentalmente distorte e manipolate perché si faccia menzione del sovversivismo delle classi dirigenti e perché se ne traggano le debite conseguenze?

Sarà il caso di ricordare ai nostri tanti benpensanti, intrisi di perbenismo bizantino condito di stucchevoli buone maniere, che, con il loro atteggiamento – un po’sboccato e sopra le righe – i “grillini” hanno però chiarito agli italiani, elettori del Pd compresi, lo scempio che veniva perpetrato dai “loro” «rappresentanti»: altro che disperazione per il timore di venir emarginati dalla “nuova” legge elettorale! Il timore è, semmai, di coloro che urlano allo scandalo, perché vorrebbero perpetrare impunemente un ulteriore scempio delle nostre risorse a tutto vantaggio dei banchieri una categoria che non gode precisamente di popolarità nell’opinione pubblica, anche di quella che fa riferimento al Pd. Ma, agli “onorevoli” i banchieri piacciono; non a caso le maggiori beneficiarie del provvedimento – che nulla concede a famiglie e/o a imprese in difficoltà – sono le maggiori banche italiane, in primo luogo – ovviamente Intesa San Paolo e Unicredit. Non è forse uno dei dirigenti del Pd piú in vista e piú accreditato nelle sfere decisionali del suo partito, quel Chiamparino detentore di cariche di primo piano nelle pubbliche istituzioni piemontesi che, a fine investitura, si è riciclato banchiere?

Dice Dario Fo che a litigare bisogna essere in due, che le misure proposte dal governo e le provocazioni successivamente portate avanti in primis dalla presidentessa della Camera – la quale si picca di appartenere a Sel, a coloro cioè che vanterebbero una pura e rigida osservanza “di sinistra avrebbero dato origine alle reazioni grilline. Si può senz’altro concordare. E si può continuare a concordare con lui quando aggiunge che in parlamento è accaduto di peggio, in un passato lontano e anche recente, per l’abbandono di atteggiamenti paludati a fronte di situazione lesive dell’impianto democratico: quando, per esempio fu deciso dal Pci e dalla Dc di abbandonare al suo destino Aldo Moro, sequestrato dalle Br e poi ucciso dalle medesime. O quando, successivamente, si consegnarono alla camorra i soldi per il riscatto di Cirillo …

Ma per rimanere sul terreno dello scontro verbale, sia pur colorito e con qualche risvolto di “ contatto fisico” si potrebbe richiamare la seduta sulla cosiddetta «legge truffa» di qualche decennio fa che, al confronto della legge elettorale oggi in gestazione (e il cui “parto” potrebbe non essere indolore) era un esempio di correttezza, dato che prevedeva il raggiungimento del 50,1 % dei consensi per accedere al premio di maggioranza: altro che il 37,5 %, sventolato come successo dai nostri improvvisati azzeccagarbugli! O vogliamo menzionare il dibattito parlamentare sull’ingresso dell’Italia nella Nato, che non fu precisamente uno scambio di complimenti, tenutosi in un’epoca ormai parte di un trapassato remoto – in cui la sinistra conservava ancora una qualche memoria storica. Per non parlare – venendo ad avvenimenti meno lontani, ma distanti in realtà anni luce sia per il livello del confronto che, soprattutto per la “nobiltà” dei contenuti dei bivacchi leghisti, corroborati da sostanziose scorpacciate di salsicce e innaffiati da abbondanti libagioni, fiaschi alla mano, col corredo di cappi penzolanti tra le poltrone? Erano forse piú dignitosi, piú perbene, piú consoni alla dignità del luogo, piú rispettosi dell’ istituzione quei consessi? Eppure non risulta che in quelle occasioni l’indignazione abbia raggiunto il livello di isteria odierno.

Venendo al presente, vogliamo parlare del provvedimento “salva Lega”, cui seguirà – probabilmente analogo marchingegno “salva Sel”: se no, che ci starebbe a fare la presidentessa dalla Camera? La quale – non per nulla “si è comportata bene” (!), non dimentichiamolo, e dunque andrà premiata: infatti ha contingentato i tempi della discussione in aula applicando, per la prima volta nella storia della repubblica parlamentare italiana, la cosiddetta «tagliola» o «ghigliottina», riducendo i tempi degli interventi a qualche minuto. La scusa adottata è stata che si trattava di approvare, in termini stabiliti e vincolanti, le proposte di legge in questione. Il che è una panzana! Ed è anche un ridicolo escamotage o, meglio, una stupida furbata. Sarebbe bastato infatti stralciare la parte sull’Imu da quella su Bankitalia, dato che quest’ultima non aveva affatto le caratteristiche di necessità ed urgenza della prima.

Eh già! Ma cosí che fine faceva il ricatto di assumersi la responsabilità di far pagare agli italiani una tassa che già davano per abolita?! Ricatto grazie a cui è stata fatta passare la rapina nei confronti di Bankitalia. E non è affatto vero che, con i soldi ricavati dalle cessioni alle banche di buona parte delle riserve, soldi su cui le banche beneficiarie dovranno pagare un po’ di tasse, verrà coperto il buco lasciato dal condono dell’Imu. C’è piuttosto da aspettarsi una sorpresa, che verosimilmente non sorprenderà nessuno: un aumento della benzina e/o di qualcos’altro (sigarette?) a compensazione del mancato introito da parte dello Stato. Provvedimento, beninteso, a data da destinarsi, quando cioè il ricordo dell’incongruo abbinamento e delle conseguenti polemiche si sarà opportunamente appannato.

Ecco dunque spiegato il chiasso inverecondo sul comportamento del M5S, le reazioni dei parlamentari “bene” nostrani, che hanno trovato poco e niente da obiettare in analoghe circostanze, dove però erano chiamati in causa membri di altre parrocchie, meno lesive dell’immagine, meno suscettibili di insozzare con qualche schizzo di fango, alias di sputtanare (quando ci vuole ci vuole) l’inclita effige dei pilastri barcollanti di un apparato ormai stantio e che rischia di scricchiolare: tale inveterata congerie di privilegi, trasversalità e connivenze, va dunque salvata dagli sfasciacarrozze di turno, magari al ritmo di «Bella ciao» «simbolo sublime della nuova Resistenza che si combatte non sulle montagne, ma nei caveau»1.

CB

1 Cit, di A. Padellaro, «Il fatto quotidiano», sabato 1 febbraio 2014.

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