Nea Polis

QUANTO CI COSTA IL DEF DELLA NATO

Mentre nella «spending review» il governo promette una riduzione di 300-500 milioni nel bilancio della difesa – senza dire nulla, a quanto pare, sugli F35 –, l’Italia sta assumendo nella Nato crescenti impegni che portano a un inevitabile aumento della spesa militare, diretta e indiretta: scrive Manlio Dinucci («il manifesto», 10.04.2014) – un intervento importante, che riportiamo.

La Nato non conosce crisi. Si sta costruendo un nuovo quartier generale a Bruxelles: il costo previsto in € 460 milioni è quasi triplicato, salendo a 1,3 miliardi. Lo stesso è stato fatto in Italia, dove si sono spesi € 200 milioni per costruire a Lago Patria una nuova sede per il Jfc Naples: il Comando Interforze Nato agli ordini dell’ammiraglio Usa Bruce Clingan – allo stesso tempo comandante delle forze navali Usa in Europa e delle forze navali Usa per l’Africa –, a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa, Phlip Breedlove, un generale statunitense nominato come di regola dal presidente degli Stati Uniti. Tali spese sono solo la punta dell’iceberg di un colossale esborso di denaro pubblico, pagato dai cittadini dei paesi dell’Alleanza. Vi è anzitutto la spesa iscritta nei bilanci della difesa dei 28 Stati membri che, secondo i dati Nato del febbraio 2014, supera complessivamente i 1000 miliardi di dollari annui (circa € 750 miliardi), per oltre il 70% spesi dagli Stati uniti. La spesa militare Nato, equivalente a circa il 60% di quella mondiale, è aumentata un termini reali (al netto dell’ inflazione) di oltre il 40% dal 2000 a oggi.

Sotto pressione degli Stati uniti, il cui budget della difesa (735 miliardi di dollari) è pari al 4,5% del Prodotto interno lordo, gli alleati si sono impegnati, nel 2006, a destinare al bilancio della difesa comune minimo il 2% del loro Pil. Finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bretagna, Grecia e Estonia. L’impegno dell’Italia a portare la spesa militare al 2% del Pil è stato sottoscritto nel 2006 dal governo Prodi. Secondo i dati Nato, ammonta oggi a € 20,6 miliardi, equivalenti a oltre € 56 milioni al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però diverse altre voci. In realtà, calcola il Sipri, la spesa militare italiana (al decimo posto su scala mondiale) ammonta a circa 26 miliardi annui, pari a 70 milioni al giorno. Adottando il principio del 2% questi salirebbero a oltre 100 milioni al giorno. Agli oltre 1.000 miliardi di dollari annui iscritti nei 28 bilanci della difesa, si aggiungono i «contributi» che gli alleati versano per il «funzionamento della Nato e lo sviluppo delle sue attività». Si tratta, per la maggior parte di «contributi indiretti», tipo le spese per le «operazioni e missioni a guida Nato». Quindi i molti milioni di euro spesi per far partecipare le forze armate italiane alle guerre Nato nei Balcani, in Afghanistan e in Libia costituiscono un «contributo indiretto» al budget dell’Alleanza.

Vi sono poi i «contributi diretti», distribuiti in tre diversi bilanci. Quello «civile», che con fondi forniti dai ministeri degli Esteri copre le spese per lo staff dei quartieri generali (4.000 funzionari solo a Bruxelles). Quello «militare» composto da oltre 50 budget separati, che copre i costi operativi e di mantenimento della struttura militare internazionale. Quello di «investimento per la sicurezza», che serve a finanziare la costruzione dei quartieri generali, i sistemi satellitari di comunicazione e intelligence, la creazione di piste e approdi, e la fornitura di carburante per le forze impegnate in operazioni belliche. Circa il 22% dei «contributi diretti» viene fornito dagli Stati uniti, il 14% dalla Germania, l’11% da Gran Bretagna e Francia. L’Italia vi contribuisce per circa l’8,7%: quota non trascurabile, nell’ordine di centinaia di milioni di € annui. Vi sono diverse altre voci nascoste nelle pieghe dei bilanci. Per esempio, l’Italia ha partecipato alla spesa per il nuovo quartier generale di Lago Patria sia con la quota parte del costo di costruzione, sia con il «fondo per le aeree sottoutilizzate» e con uno erogato dalla Provincia, per un ammontare di circa € 25 milioni (mentre mancano i soldi per ricostruire l’Aquila [e per molte altre priorità italiane, n.d.r.]). Top secret resta l’attuale contributo italiano al mantenimento delle basi Usa in Italia, quantificato l’ultima volta nel 2002 nell’ordine del 41%, per l’ammontare di 366 milioni di dollari annui. Sicuramente tale cifra è oggi di gran lunga superiore.

Si continuano cosí a gettare in un pozzo senza fondo enormi quantità di denaro pubblico, che sarebbero essenziali per interventi a favore di occupazione, servizi sociali, dissesto idrogeologico e zone terremotate. E i tagli di € 6,6 miliardi, previsti per il 2014, potrebbero essere evitati, tagliando quanto si spende nel militare in tre mesi.

CB

Lascio un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.