Dagli ultimi sondaggi (ripeto ancora una volta: spesso errati, tuttavia da considerare indicativi) si ha un dato che a me risulta “curioso”: tanti italiani (ca. il 44%) parrebbero “scettici” sull’Ue, in parte minore proprio contrari, mentre i pro-Ue sono una minoranza. Però … sembra che 6 italiani su 10 siano favorevoli all’euro, contrari ad abbandonare la «moneta unica». Dunque: si prendono le distanze dall’Ue (non è una posizione del tutto netta, rivela un’incertezza), ma … si resta attaccati alla sua moneta. Il che mi appare, appunto, “strano”.
Perché l’euro è dominato, stampato, messo in circolazione solo dalla Banca centrale dell’Ue (da noi Bankitalia, resa nei fatti privatistica, può provvedere, e su commissione e “a pago”, soltanto alla cartamoneta di 20 € e “tagli” minori). Perché con l’euro il nostro paese non ha il controllo della propria moneta (ossia su quantità del circolante e suo valore sui mercati finanziari, e non si può manovrare su svalutazione, tasso di inflazione, etc., né su auto-acquisti dei titoli di Stato, che Bankitalia e altre banche comprano come fossero “estere”). Perché il nostro paese deve interscambiare con una moneta che, in sostanza, è solo un nome diverso del marco tedesco (il che favorisce Germania e paesi del Nord Europa, mentre è dannoso per il complesso della nostra economia). Perché in tal modo all’Italia è sottratta una fondamentale autonomia (necessaria per una profonda e continuativa politica economica, che sia auto-centrata e che metta al primo posto gli interessi della gran massa della popolazione). Perché, anche se si riuscisse almeno a far “cambiare” a fondo (e sarebbe, come minimo, necessario) questa Ue (ed è ciò a cui puntano M5S e Lega, contando sulle prossime lezioni europee) e riaffermare l’autonomia degli Stati membri, circoscrivendosi agli accordi utili (e cosí era, in maniera in qualche misura accettabile, prima del «Trattato di Maastricht del 1992), ne deriverebbe comunque un tale dissesto che l’euro non potrebbe sussistere.
Il dato indicato evidenzia come abbiano dato il loro frutto disinformazioni e deformazioni, omissioni e mistificazioni, rimbombate per decenni, e amplificate dalle minacce di disastri e dal terrorismo su tregende (da parte dei politici e dei partiti, e dei media, e degli “opinionisti”, “esperti”, docenti, economisti, tutti proni, e anzi complici e agenti, all’abietta sottomissione all’Ue, alla sua moneta unica e al suo liberalismo economico scatenato, agli interessi del grande capitale transnazionale e degli Stati piú potenti, quello tedesco in primis). Con tanto di supporto dell’«insegnamento dell’ignoranza» vigente nel sistema scolastico e nelle stesse università. Di conseguenza, gli italiani in maggioranza hanno una posizione, pur negativa, ma “timida” sull’Ue, ma, in piena contraddittorietà, ne vogliono la moneta.
Be’, si comprende come mai, sia il M5S, che parlava di referendum sull’euro e che era piú che critico sull’Ue, sia la Lega, che ha addirittura pubblicato un pamphlet (peraltro davvero ben fatto) dal titolo «Basta euro», abbiano messo del tutto da parte queste loro posizioni e abbiano steso nel «contratto» di governo il «sí» a Ue ed euro (oltre che alla Nato: e qui c’è da aprire un altro importante “discorso”, che qui tralascio), e ribadiscano tale «sí» in ogni occasione. Ciò corrisponde all’“orientamento” (indotto, ma tant’è) della maggioranza della popolazione italiana. Ma capire non è né giustificare, né accettare: invece, vanno chiarite le idee agli italiani (in particolare e in primo luogo ai lavoratori e classi subalterne, nonché al tessuto delle piccolissime, piccole, medie imprese e dell’artigianato), vanno fugati i timori, terrori e tremori, va indicato come sarebbe piú che utile e fattivo riprendersi l’autonomia in generale e in particolare in campo monetario-finanziario (e, davvero, non è poi difficile far vedere come stanno e come invece starebbero le “cose”). È fuori tempo? È fuori dal «contratto»? È inutile? Penso proprio di no: precisamente a causa del fatto che lo scontro con l’Ue (e quindi con i suoi capestri, euro appieno compreso) è inevitabile. Anzi e di piú: precisamente perché è già in pieno atto.
MM