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HONG KONG NELLA STRATEGIA USA

Perché, mentre si ignorano centinaia di milioni di persone che in tutto il mondo lottano ogni giorno per i piú elementari diritti umani in condizioni ben peggiori, si trasformano alcune migliaia di studenti di Hong Kong, al di là delle loro stesse rivendicazioni, in icona globale di lotta per la democrazia?

Questa la domanda che si pone Manlio Dinucci («il manifesto»,07.10.2014). al cui articolo si fa qui riferimento in sintesi e con citazioni. Il governo britannico sarebbe preoccupato per «i fondamentali diritti e le fondamentali libertà» che l’Umbrella revolution – secondo la definizione Usa – potrebbe mettere a rischio. Al riguardo non guasta un breve ripasso della storia. Gli inglesi penetrarono in Cina smerciando l’oppio importato dall’India, con conseguenti considerevoli danni sociali ed economici. La confisca della merce immagazzinata a Canton da parte delle autorità cinesi, che la bruciarono, provocò l’intervento armato delle truppe inglesi, che obbligarono i cinesi a cedere alla Gran Bretagna, tra l’altro, Hong Kong («Trattato di Nanchino», 1842). Da allora Hong Kong divenne una colonia britannica, con un governatore inviato da Londra, e tale rimase fino al 1997. I monopoli britannici sfruttarono i cinesi, segregandoli rispetto ai quartieri inglesi. Ogni sciopero o contestazione venivano repressi con la forza. La Repubblica popolare cinese – nata nel 1949 – rivendicò la sovranità su Hong Kong, ma, contemporaneamente, ne fece una porta commerciale, favorendone lo sviluppo. Oggi, si dice nell’articolo,

Hong Kong riannessa alla Cina quale regione amministrativa speciale, con 7,3 milioni di abitanti su quasi 1,4 miliardi della Cina, ha […] un reddito pro capite di 38.420 dollari annui, piú alto di quello italiano, quasi il sestuplo di quello della Cina. Ciò perché Hong Kong, […] è il 10° esportatore mondiale di merci e l’11° di servizi commerciali. [… E] viene visitata ogni anno da oltre 50 milioni di turisti, dei quali 35 milioni di cinesi. La crescita economica, pur inegualmente distribuita ([…, con tanto di un] sottoproletariato locale e straniero […]), ha portato a un generale miglioramento delle condizioni di vita, [ la cui] durata media […] è salita a 84 anni (rispetto ai 75 nell’intera Cina). Il movimento studentesco […di] Hong Kong […, che chiede ] che l’elezione del capo di governo sia diretta e non condizionata da Pechino, è formato da giovani appartenenti in genere agli strati sociali avvantaggiati dalla crescita economica.

La risposta alla domanda iniziale

va cercata a Washington. Gli ispiratori di quello che viene definito «un movimento senza leader» – dimostra un’ampia documentazione – sono collegati al Dipartimento di Stato e a sue emanazioni sotto forma di «organizzazioni non-governative», in particolare la «Donazione nazionale per la democrazia» (Ned) e l’«Istituto democratico nazionale» (Ndi) [davvero gli Usa non hanno il senso del ridicolo! n.d.r.] che, dotate di ingenti fondi, sostengono «gruppi democratici non-governativi» in un centinaio di paesi.

CB

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