L’attitudine filosofica privilegiata […] del liberalismo culturale (per quanto la parola «filosofica» sia qui appropriata) è quella che consiste nell’individuare tutti i problemi che una società umana può incontrare sotto la sola angolazione del Diritto. In effetti, agli occhi dei liberali culturali, una rivendicazione “socialitaria” non trae legittimità dal fatto di essere fondata su argomenti morali, filosofici, psicologici o antropologici particolarmente solidi e convincenti (idea che, d’altronde, non avrebbe granché di senso nel loro relativismo morale e culturale). Non è legittima che per quanto contribuisca ad aprire un nuovo spazio di diritto per tutti (diritto alla mobilità per tutti, diritto di installarci dove ci pare per tutti, diritto a visitare le pitture rupestri di Lascaux per tutti, diritto alla procreazione per tutti, diritto al matrimonio per tutti, diritto alla medaglia della Resistenza per tutti, etc.), quali che siano, del resto, l’effettivo senso filosofico e le ricadute concrete di questo diritto. Se è acquisito, per esempio, che le coppie eterosessuali nel contempo sterili e desiderose di un bambino hanno il «diritto» – al fine di colmare la loro mancanza – di ordinare sul mercato mondiale una bambina asiatica o un bambino africano (diritto post-coloniale, che tuttavia dovrebbe di per sé porre un certo numero di problemi), allora ne segue inevitabilmente che le coppie omosessuali desiderose di un bambino (in ogni modo, non rappresentano che un’infima minoranza della comunità gay, che è in genere di umore piuttosto gioioso e libertino) dovranno beneficiare anch’esse di tale diritto. Il problema è che un bambino, che una coppia omogenitoriale sarà cosí giunta a procurarsi in un paese esotico (o a farsi fabbricare in Europa secondo le regole della «procreazione assistita»), continuerà nondimeno a interrogarsi e fantasticare – come qualsiasi altro bambino del mondo – sui singolari incontri umani che hanno presieduto alla sua nascita reale e, di conseguenza, sulla vera filiazione in cui deve inscriversi. Ora, a partire dal momento in cui il sapere, che questo bambino, presto o tardi, finirà per acquisire delle leggi della riproduzione sessuata (e del rapporto necessario di questa con l’Altro e la Differenza), comincerà a contraddire apertamente la situazione che ha quotidianamente sotto gli occhi (situazione fondata, al contrario, sul primato del Medesimo), è chiaro che il suo lavoro di soggettivazione e di costruzione di sé – con tutte le relazioni con il reale, il simbolico e l’immaginario che questo lavoro implica, in modo conscio o inconscio – se ne ritroverà considerevolmente appesantito e complicato (sicuramente, si ritrova qui il classico conflitto liberale fra il diritto al bambino – che è fondato sul desiderio soggettivo dei genitori – e il diritto del bambino – che è teoricamente fondato sui bisogni oggettivi di quest’ultimo). Non vedo qui che un solo mezzo suscettibile di neutralizzare in partenza questa nuova e spiacevole discriminazione e di garantire cosí a tutti i bambini del mondo la possibilità di costruire la loro identità (e il grado di «stima di sé» che vi corrisponde) in condizioni di semplicità equivalenti o anche, se possibile, strettamente egualitarie. È che fin dalla «materna» (termine discriminatorio, che, beninteso, converrà modificare al piú presto), la scuola sia tenuta a insegnare a ogni scolaro e ogni scolara (per quanto si possa fare la differenza senza affondare nel fascismo) che sono stati deposti nella loro famiglia attuale – omogenitoriale, eterogenitoriale o altra ancora – in occasione di un volo di cicogne (al contrario, l’ipotesi dei cavoli e delle rose si rivela ben troppo discriminante, data la parte scandalosa che continua a riconoscere alla nozione di differenza sessuale e all’idea di radicamento). Se ci si riflette bene, questo buon vecchio racconto sull’origine – che ha sempre fatto le sue prove nella Francia contadina di altri tempi – sarebbe senza dubbio quello che meglio si accorda con lo spirito di una società liberale risolutamente moderna e volta verso l’avvenire[1].
[1] J.-Cl. Michéa, Les mystères de la gauche, Paris, Flammarion, 20142, Scolio L, n. 12, pp. 110-112 (corsivi dell’autore; trad. it. di M. Monforte).