A differenza di altre discipline, come la geografia – cancellata dai programmi scolastici già dalla cosiddetta «riforma Gelmini» –, la storia resiste. Per modo di dire, perché la conoscenza di questa materia viene verificata a suon di “crocette” sui «quiz Invalsi», levata d’ingegno da parte di qualche “Solone” nostrano e contestati anche in questi ultimi giorni dal variegato mondo della scuola.
La storia comunque non è scomparsa dai programmi scolastici: come mai? C’è da chiedersi, soprattutto a fronte dell’eliminazione della geografia. E non solo perché quest’ultima è materia strettamente connessa alla storia e oggi le persone si spostano da un continente all’altro, e non soltanto per turismo. I flussi migratori partono da paesi piú o meno lontani, talora molto diversi dal nostro, per una serie di fattori, materiali e culturali, che qui è lungo elencare, per non dire delle cause che vi stanno a monte– provocati per lo piú dagli interventi del “democratico” Occidente, che hanno portato distruzione e miseria attraverso una politica bellicistica, di destabilizzazione e di rapina.
All’ottica eurocentrica, se non italocentrica, dei nostri – di chi ha abolito la materia e di chi non ha posto riparo al danno – è parsa superflua la conoscenza di paesi e realtà che esulano dalla portata del loro miope orizzonte. Per la storia devono aver fatto un calcolo diverso. Privata del supporto della geografia, che la colloca in uno spazio definito e non può prescindere da riferimenti temporali imposti dall’evoluzione subita nel corso del tempo dall’ambiente in cui gli eventi si sono verificati, la storia diventa una narrazione a-temporale, priva di concreti riferimenti, e dunque ben manipolabile a seconda delle esigenze e interessi del momento. Pertanto non va abolita ma manipolata.
Si veda come i media hanno presentato – o meglio quasi ignorato la commemorazione a Mosca del 70° anniversario della vittoria sul nazismo, la cui capitolazione è della notte dell’8-9 maggio 1945. Del resto, sulle vicende che hanno preceduto, accompagnato e seguito la Seconda guerra mondiale i libri scolastici non mostrano da tempo effettiva veridicità nelle notizie veicolate. Merita leggere quanto scrive ì sul «manifesto» (12.05.2015) Manlio Dinucci:
LA CANCELLAZIONE DELLA STORIA
Il settantesimo anniversario della vittoria sul nazismo, il 9 maggio a Mosca, è stato boicottato su pressione di Washington da tutti i governanti dell’Ue, salvo il presidente greco, e messo in ombra dai media occidentali, in un grottesco tentativo di cancellare la storia. Non privo di risultati: in Germania, Francia, Gran Bretagna risulta che l’87 % dei giovani ignora il ruolo dell’Urss nella liberazione dell’Europa dal nazismo. Ruolo che fu determinante per la vittoria della coalizione antinazista. Attaccata l’Urss il 22 giugno 1941 con 5,5 milioni di soldati, 3.500 carrarmati e 5.000 aerei, la Germania nazista concentrò in territorio sovietico 201 divisioni, cioè il 75 % di tutte le sue truppe, cui si aggiungevano 37 divisioni dei satelliti (tra cui l’Italia). L’Urss chiese ripetutamente agli alleati di aprire un secondo fronte in Europa ma Stati Uniti e Gran Bretagna lo ritardarono, mirando a scaricare la potenza nazista sull’Urss per indebolirla e avere cosí una posizione dominante al termine della guerra. Il secondo fronte fu aperto con lo sbarco anglo-statunitense in Normandia nel giugno 1944, quando ormai l’Armata rossa e i partigiani sovietici avevano sconfitto le truppe tedesche, assestando il colpo decisivo alla Germania nazista. Il prezzo pagato dall’Unione sovietica fu altissimo: circa 27 milioni di morti, per oltre la metà civili, corrispondenti al 15% della popolazione (in rapporto allo 0,3% degli Usa in tutta la seconda guerra mondiale); circa 5 milioni di deportati in Germania; oltre 1.700 città e grossi abitati, 70.000 piccoli villaggi, 30.000 fabbriche, distrutti. Questa pagina fondamentale della storia europea e mondiale si tenta oggi di cancellare, mistificando anche gli eventi successivi. La guerra fredda, che divise di nuovo l’Europa subito dopo la Seconda guerra mondiale, non fu provocata da un atteggiamento aggressivo dell’Urss, ma dal piano di Washington di imporre il dominio statunitense su un’Europa in gran parte distrutta […]. Appena un mese dopo il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, nel settembre 1945, al Pentagono già calcolavano che occorrevano oltre 200 bombe nucleari per attaccare l’Urss. Nel 1946, quando il discorso di Churchill sulla “cortina di ferro” apriva ufficialmente la guerra fredda, gli Usa avevano 11 bombe nucleari, che nel 1949 salivano a 235, mentre l’Urss ancora non ne possedeva. Ma in quell’anno l’Urss effettuò la prima esplosione sperimentale, cominciando a costruire il proprio arsenale nucleare. In quello stesso anno venne fondata a Washington la Nato, in funzione antisovietica, 6 anni prima del Patto di Varsavia costruito nel 1955. Terminata la guerra fredda, in seguito al dissolvimento nel 1991 del Patto di Varsavia e della stessa Unione sovietica, su spinta di Washington la Nato si è estesa fin dentro il territorio dell’ex Urss. E quando la Russia, ripresasi dalla crisi, ha riacquistato un ruolo internazionale stringendo crescenti rapporti economici con la Ue, il putsch in Ucraina, sotto regia Usa-Nato, ha riportato l’Europa a un clima da guerra fredda. Boicottando sulla scia degli Usa il settantesimo anniversario della vittoria sul nazismo, l’Europa occidentale (quella dei governi) cancella la storia della sua stessa Resistenza, che tradisce sostenendo i nazisti andati al governo a Kiev. Sottovaluta la capacità della Russia di reagire, quando viene messa alle corde. Si illude di poter continuare a dettare legge, quando la presenza a Mosca dei massimi rappresentanti dei Brics, a partire dalla Cina, e di tanti altri paesi, conferma che il dominio imperiale dell’Occidente è sulla via del tramonto.
Si guardi sul sito «PandoraTv» l’intervento presso «The Chicago Council on Global Affairs» di George Friedman, consigliere politico del Dipartimento di Stato, fondatore del think tank Stratfor. Tra le molte esternazioni sulle reali intenzioni della “grande democrazia” amerikana e sul futuro che ci aspetta, il relatore sostiene:
gli Usa hanno un interesse fondamentale: ora controllano tutti gli oceani del mondo. Nessuna potenza si è mai nemmeno avvicinata a farlo. È grazie a questo che noi possiamo invadere senza essere invasi … È una cosa bellissima ...
Quali saranno i costi che dovremmo ancora pagare ai colpi di coda del declino amerikano?
CB